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rispetto massimo per l'Autrice come e per tutte le persone dilaniate dal dolore di una malattia grave. ma queste pagine pur essendo pervase da ironia...sono comunque amarissime, a tratti atroci
Non mi importa se in quest’ultima stagione della vita di Z. non ho capito fino a che punto la storia sia quella di “Cimicé”, di Pucci o della mamma di Alice, Cesarina. Ciò che cercavo l’ho comunque trovato, ed è negli spazi bianchi tra una parola e l’altra, dove durante la lettura la mia curiosità montava e non vedevo l’ora di sapere come una persona diversa da me avesse vissuto i momenti clou del secolo breve e della sua esistenza. Poi se è vero, come è vero, che la cultura lascia traccia, qui ce ne sono di impronte da seguire. In particolare sono molto affezionato ad un paragrafo di flash back, mio personale, quando la narratrice spiega il suo amore per i libri e come sin da ragazza ne possedesse uno a forma di bara contenente pensieri esorcizzanti la morte, perché è allora che ho ricordato di quel sabato pomeriggio di tanti anni fa quando alla TV vidi una conduttrice (?) salire su un battello e “casualmente” sedere accanto ad una bibliotecaria che, prima di arrivare all’isola di San Michele e raccontarle del Baron Corvo, le avrebbe parlato di quello stesso libricino. C’è il video da qualche parte, si lì, l’ha caricato Alice e la bibliotecaria è proprio Cesarina.
Con la libertà che le viene dall'essere al termine della propria vita, la Vighy ripercorre la propria storia, senza indulgenze con nessuno, e soprattutto con sé stessa, ma anche con l'ironia che rende leggere le cose più "pesanti", e con molta lucida tenerezza per le persone amate, vive e morte, per i suoi gatti, per la natura. "Patti chiari: non sarà un acquerello, piuttosto un'autopsia. Forse vi farò male. Ne farò anche a me".
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