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"Ho sempre accettato le contraddizioni così com’erano, e anche tutto ciò che ho vissuto, sia nelle mie questioni personali sia in quelle teoriche. Non ho mai avuto un obiettivo, non ho mai voluto trovare un risultato. Credo che in sé e per sé non possa esistere alcun risultato, alcun obiettivo. È tutto – non privo di senso, la parola sarebbe troppo forte, ma in fondo non necessario. Per questo non ho potuto fare nulla nella vita perché non è necessario. Perché devo fare qualcosa? Ma qualcosa ho fatto, solo che era istintivo. Se fossi stato del tutto coerente, di norma non avrei dovuto fare assolutamente nulla. Facendo qualcosa, mi sono contraddetto, ho vissuto nella contraddizione. E credo che tutti in fondo vivano così". Una magnifica mappa di interviste uguali a stilettanti dileggi verso se stesso, lucidi morsi di risposte che un genio del breve qui dispensa donandosi e completandosi come in un delirio ragionatissimo. Cosciente che la vita è frammento, alito strappato ad agonie senza fiato, smarrita virtù che solo certo nonsenso può riannodare fra le sparse coltri di logiche grottesche, aprite dove volete questo testo e troverete un nulla come assestato, pacificato, l'ascia dello smacco del vivere che piomba sui polsi già legati di un poeta nato guasto. Raccolta preziosa dove fra viaggi e cadute sensibili migliora il quadro di quest'anima enorme, rara in un Novecento spesso ordinario, falso, infelice e distrutto da finte sofisticherie filosofiche. Lui ha strappato un umile giglio dalla fogna e lo ha posato sul suo fragile davanzale esiliato, dal tutto, dalla vita. E quello è fiorito lo stesso. Come una nota lucente, sorgiva, nel tribale di un concerto ispiratissimo ma in fondo uguale a zero. Ce lo conferma qui, rigo su rigo, crepa su crepa, come in un conforto di sorrisi tristi, di liete rassegnazioni a comprendere, del vano influire, del perdere sorridendo. Baratri interiori, ma quanto geniali! E il resto, è inutile anche dirlo, è solo mancia per veri falliti.
Ultimatum all’esistenza è un libro di interviste inedite concesse da Emil Cioran dove il filosofo romeno espone i tratti salienti della propria tragica visione del mondo: la solitudine, Dio, il “diavolo” come agente della storia, il suicidio, ecc. Nel complesso si tratta di un ottimo lavoro, che è un invito a confrontarsi con il suo pensiero. Purtroppo oggi è un autore ancora poco conosciuto, che merita però una più larga diffusione.
Il volume contiene 35 interviste, la maggior parte sinora inedite, e 19 lettere inviate a vari giornalisti. Attraverso questo lavoro, monumentale e certosino, è possibile incontrare l’“uomo” Cioran: l’infanzia vissuta a Rășinari, in Romania, gli anni di studi a Sibiu e Bucarest, fino all’esilio a Parigi, dove decide di adottare una nuova identità, attraverso la lingua francese. Con Cioran era possibile affrontare qualsiasi discussione, grazie alla sua poliedrica cultura: filosofica, letteraria, storica, politica. Ma ciò che emerge in questo splendido volume, è il lato “umano” di Cioran, dal momento che egli amava dialogare con le persone che incontrava. In particolare, amava gli ultimi, i falliti, le prostitute perché solo con loro si poteva instaurare un dialogo “autentico”, non con i filosofi di professione o gli scrittori alla moda. Il volume rappresenta dunque un viaggio nella psicologia e nell’interiorità di Cioran, una lettura affascinante e coinvolgente. Dalla lettura di queste innumerevoli interviste sembra di essere in sua compagnia, nel buio delle notti parigine, nell’amato Quartiere latino. Gennaro Castaldo
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