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La valle delle donne lupo
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La valle delle donne lupo - Laura Pariani - copertina
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valle delle donne lupo

Descrizione


Come riassumere quello che nei mondi chiusi ci si aspetta da una donna? «Vivere da morta. Patire da muta. Obbedire da cieca. Amare da vergine». E che farne allora di quelle diverse che allignano nel paese come erbe cattive?

«La montagna, piú che un luogo geografico, è un’esperienza: quella di un mondo potente nella sua resistenza a certe pazze vertigini della modernità, ma assolutamente marginale». E proprio come la montagna sono marginali e potenti le figure che l’hanno abitata, e che abitano questo libro. Sono le donne lupo, capaci di «affrontare a viso aperto il grave del mondo». Sono balenghe, diverse, eccentriche, «tutte falciate dalla stessa sentenza di emarginazione, servite alla comunità per mettere in scena sempre lo stesso canovaccio». Eppure, forse proprio per questo, cariche di un’oscura forza leggendaria.
Una ricercatrice s’inoltra per le valli piemontesi facendo interviste con il suo registratore. Le hanno parlato di una donna, la Fenísia, che vive isolata nel Paese Piccolo, vicino al vecchio cimitero: è lei la memoria di quei posti. È nata nel novembre del 1928, non ha mai vissuto altrove e «il lavoro della sua famiglia è sempre stato quello del sotterramorti ». Comincia cosí il rapporto tra la scrittrice e l’anziana donna e, scabro e incalzante, si dipana il racconto di una vita da cui emergono figure femminili impossibili da dimenticare: la madre Ghitín, la nonna Malvina, la bionda cugina Grisa, «un bisquí di settebellezze», rinchiusa in manicomio per aver osato ribellarsi a un padre violento.
«Agli uomini il sudore e alle donne il dolore», la vita in valle è sempre stata durissima, specie per chi ha la sfortuna di nascere femmina.
Via via il ricordo produce un vortice di storie e un crudo sentimento di rabbia; vicende atroci vissute da ragazze e donne di ogni età, come quelle delle «balenghe », sotterrate nel prato che Fenìsia vede dalla sua cucina... una folla di fantasmi di cui può immaginare perfino l’aspetto, e a cui sente di appartenere.
Perché anche lei custodisce un segreto, e ha una convinzione: esiste «un puntino che è il posto della piú grande lucidità e della piú grande intimità con sé: lí dentro, ciascuno sa per scienza infusa, nella lingua dei segreti e dei sussurri, che la vendetta è la cosa più saggia».
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Dettagli

2011
18 ottobre 2011
246 p., Rilegato
9788806210564

Valutazioni e recensioni

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Recensioni: 5/5
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LEOPOLDO ROMAN
Recensioni: 4/5

Un racconto indietro nel tempo, ambientato in una valle di montagna che potrebbe essere ovunque, su com’era considerata la donna fino a non molti anni fa: in sostanza niente. Essendo una storia, a volte appare irreale, ma si sa che molte volte la realtà supera la fantasia. Donne ricoverate nei manicomi perché non ubbidienti all’uomo, segregate, umiliate, annientate psicologicamente. Fenisia però ha resistito ed è grazie al suo racconto alla sciura lombarda che questa realtà dimenticata è stata sviscerata. Il romanzo, una volta che il lettore ha preso confidenza con molti neologismi che sono un misto di dialetto, latino e italiano, scorre piacevole e a tratti anche avvincente.

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Michela
Recensioni: 5/5

Non dimenticherò facilmente la figura della Fenisia ed il suo mondo di donne intelligenti e coraggiose costrette a plasmarsi al volere maschile oppure a diventare vittime o lupe. Un libro intenso, doloroso, emozionante, che fa commuovere, ma a volte strappa anche un sorriso. Assolutamente consigliato.

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Maurillo
Recensioni: 5/5

Semplicemente straordinario.

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Recensioni

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Voce della critica

  Scrittrice raffinatissima, Laura Pariani occupa nella geografia della letteratura italiana d'oggi un posto assai preciso, che ha un suo corrispettivo all'altro capo dell'Italia solo in Maria Attanasio, ovvero è spesso magistrale narratrice di storie di minimi e dimenticati, di chi, espulso dalla società dei vincenti, appartiene alla categoria, foltissima nelle nostre lettere, dei vinti e dei dimenticati. La valle delle donne lupo suscita sin dalla prima lettura immediata e rapita ammirazione per il ritmo della frase, le illuminazioni che fissano luoghi, malesseri e personaggi, per la capacità di produrre ironia anche dalla desolazione più impervia. Alto Piemonte, saga di memorie che va dal 1928 al 2007 (ma potrebbe trattarsi anche di un remotissimo medioevo o di uno sconsolato Ottocento), Fenisia, "stria, pelamorti, la Lupa" racconta la storia sua e delle donne che ha conosciuto, chi finita per errore in manicomio, chi morta, chi condannata al matrimonio e ai figli, a un'intervistatrice milanese. In questa remota valle l'ideale per la donna è "Vivere da morta. Patire da muta. Obbedire da cieca. Amare da vergine". Fenisia, destinata sin da bambina a lavare i morti, ha visto per primi i cadaveri delle sue sorelle non sopravvissute al parto, tutte battezzate Tilde, tanto che a scuola può dire, candida: "L'altroieri la Tilde è morta per la quarta volta". Fenisia sa che "la ricordanza è un filo di capello" e che solo la memoria salva le lupe come lei dal "favolario nero delle maldicenze" di cui spesso sono artefici povere donne a danno di altre povere donne, che vivono "bagnandosi il savoairdo nelle disgrazie dell'altra". È infatti la maldicenza a condannare la tenera Grisa, cugina di Fenisia, al manicomio solo perché ha osato reagire al padre violento e perché con Fenisia ha scoperto il piacere dei corpi che i maschi della valle non insegnano. Nel regno delle "marcolfe linguacciute" dell'Alto Piemonte vige la legge della montagna e l'esilio nutre un idioletto popolare e orale, traduzione esotico-proletaria del lessico familiare della Ginzburg. Le donne di Pariani si passano la mano silenziose: "somà, sonònna, le sbinònne, le sbizie, le nonnàvole". Il racconto procede sincopato da un eterno "presèmpio", contrazione sintattica di vita e fantasia per le donne segnate dal destino di ogni femmina: "Se una non ha figli, è malveduta. Se li ha, ai tempi della gravidanza quanti mali. E nel parto, solo dolore e pericolo di vita. Per non parlare dei figli quando sono bocètti (…) Eppoi da grandicelli diventano barabba che fan disperare". La donna lupa che abita le alte valli piemontesi al confine con il Ticino non è ancora la donna che corre coi lupi di Clarissa Pinkòla Estés, ma lotta per la sua libertà su queste montagne che hanno il sapore disperato della Casa d'altri di D'Arzo: "Quand'una nasce, la famiglia è già pronta con lo stampino, come quello delle torte. Ma evidentemente qualche bambina ha una forma che non si adatta allo stampo. Per questo la pestano così tanto: perché non si rassegna, non si arrende". E allora il destino delle lupe è di essere seppellite in terra sconsacrata, nel "prato delle balenghe", dove sono quelle scambiate per ladre e uccise, le malmaritate, le diverse. Alla fine, dice Fenisia – e con lei Pariani – esistono solo due tipi di donne: pecore e lupe. Questa è una storia di lupe – di irripetibile livello stilistico ‒ che sembra venire da tempi remoti: pure, siamo così sicure che il mondo della Fenisia sia scomparso e che non sia di noi, donne moderne, che si stia ancora e sempre parlando? Antonella Cilento

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Conosci l'autore

Laura Pariani

1951, Busto Arsizio

Laureata in Filosofia della Storia a Milano, vive a Turbigo (Milano). Ha insegnato in una scuola superiore fino al 1998. Ha scritto e disegnato storie a fumetti negli anni Settanta ed esordisce come scrittrice nel 1993 con la raccolta di racconti Di corno o d'oro (pubblicata poi da Sellerio) con cui vince il Premio Grinzane Cavour e il Premio Piero Chiara. Oltre che scrittrice è anche sceneggiatrice cinematografica. Le sue opere sono state tradotte in varie lingue. Per Einaudi ha pubblicato Dio non ama i bambini (2007), Milano è una selva oscura (2010), La valle delle donne lupo (2011). Ricordiamo anche La spada e la luna. Quattordici notturni (Sellerio, 1995), Il pettine (Sellerio, 1995), Il paese delle vocali (Casagrande, 2000), La straduzione (2004, Rizzoli),...

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