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Grande, potente: un capolavoro del Novecento. E dire che l’avevo letto già a vent’anni: mi era piaciuto, ma non avevo afferrato tutta la sua forza, la sua verità. Scrittura vera, pensiero pulito, feroce sincerità e amore per la vita e per il mondo. Quest’opera occupa un posto di primo piano nel Novecento letterario italiano, accanto alle massime riuscite di Pavese e Morante, Carlo Levi, Sciascia, Rigoni Stern, Moravia. Per non parlare della resa sapida e azzeccatissima della lingua. Strano, quando penso a Pasolini penso sempre alla sua grandezza come poeta, cineasta, opinionista, penso alla sua acuminata e impietosa coscienza critica, alla forza disarmata della sua presenza nella società italiana di quegli anni. Di rado ho pensato a PPP come ad un grande romanziere, e invece eccolo lì: ho ritrovato Una vita violenta, e il mio giudizio non sarà più solo quello di prima. Tocca nel profondo la sua sincerità, il suo impegno sempre spinto da una tormentata moralità radicata anche nella conoscenza diretta del mondo degli ultimi. Tocca la poesia con cui riesce a parlare di tutto questo, con qualsiasi mezzo espressivo si cimenti. E, in fondo, ci tocca anche per le sue contraddizioni laceranti e la sua fine oscena (oscena per la nostra società di falsi benpensanti)
E' un libro che o si odia o si ama, come lo stesso autore. Tommaso è in realtà il periodo stesso in cui vive, una Roma ed un decennio difficili, violenti, ma che Pasolini narra con estrema oggettività, mai un giudizio, mai una presenza ingombrante dell'autore, semplice realtà dei fatti e forse per questo che ho amato le sensazioni che mi ha lasciato il libro.
Un capolavoro del grande PPP.
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