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Un libro che parla di altri libri. Molto interessante. Inoltre fornisce numerosi spunti per nuove letture.
Non trattandosi di un romanzo, non saprei come altro giudicare questo libro se non usando la parola “interessante”. Lo scrittore Paolo di Paolo ci racconta ciò che più ha apprezzato di ventisette romanzi selezionati, ventisette bei romanzi. Ovvio che poi, analizzandoli tutti uno per uno, ne vengano citati anche altri interessanti allo stesso modo. La mia wishlist adesso, per colpa sua, si è allungata ancora di più.
Un libro un po’ particolare, che parla di letteratura attraverso la lente dei ricordi dell’autore, Paolo di Paolo. Un autore che immaginavo curvo dagli anni e rugoso, ed invece si è rivelato un ragazzo, almeno esteriormente, che sembra appena uscito dall’università. Ventisette libri che segnano alcune delle fasi della vita di una persona, corredati da altrettanti consigli (se non di più) letterari. Un viaggio nella storia della letteratura e nell’animo di un lettore che, presto, scopre l’amore per la lettura e per la scrittura. E decide di condividere questo amore con i propri lettori.
Recensioni
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I romanzi? Per Di Paolo viaggi che cambiano
Con il suo ultimo libro, Vite che sono la tua. Il bello dei romanzi in 27 storie (214 pagine, 16 euro), edito da Laterza, Paolo Di Paolo percorre la sua vita di lettore attraverso 27 libri, 27 romanzi che corrispondono agli anni trascorsi in loro compagnia, dai 7 ai 34; alle passioni, alle sensazioni e alle emozioni che lo hanno guidato nelle diverse fasi della vita. Si aggiungono alcune postille, piccoli stralci tratti da altri libri che, come richiami affettivi e assonanze emotive, imprimono il sigillo su ogni capitolo dell’esistenza.
L’amore per la letteratura intreccia la vita fin dalle prime pagine, in cui Di Paolo si rivolge a Ninni, compagna di letture, e, con parole confortanti come una carezza, onora il legame nato dalla comune passione per le parole. Leggere vuol dire “fare entrare nella propria vita molte più persone di quelle che davvero riusciamo a incontrare per strada [… ] Lasciarsi toccare da ogni esperienza, lasciarla depositare in noi”.
Nel dialogo immaginario, Di Paolo paragona un romanzo ad un viaggio. Un viaggio che non rende né migliori, né peggiori, ma semplicemente diversi da quando si parte. Da un libro si riporta sempre un “souvenir”, che sia una frase, un’intuizione, un sentimento che non si riesce ad esprimere in parole, una stretta al cuore. Una storia “che ha ancora il tempo di somigliare alla tua” : “tutto va bene, purché non si ritorni a mani vuote”.
I libri che si accumulano e si conservano rappresentano la storia del nostro avere pensato, sentito, capito, il nostro museo personale. Le storie che l’autore sceglie di raccogliere nella sua opera, infatti, sono selezionate non per la loro fama o successo, ma per il “sentimento” dello scrittore-lettore, per il legame di affetto che lo lega ad ognuna di essa e che lo ha trascinato in un turbinio di emozioni e sensazioni.
L’adolescenza è trascorsa con il Tom Sawyer di Mark Twain e Il giovane Holden di J.D. Salinger, che, come lui, sopravvive a questa fase della vita, tra turbamenti o ribellioni. C’è il bisogno di rendere leggera anche la tragedia, di aggrapparsi ad una vita quasi impossibile da vivere, come Anne Frank nel suo Diario, la scoperta dell’amore come Arturo ne L’Isola di Arturo di Elsa Morante. E, ancora, la nostalgia delle letture di bambino che hanno spinto il trentaquattrenne Italo Calvino a scrivere Il barone rampante, in cui Di Paolo ritrova il desiderio non tanto di fermare il tempo, ma di non perdere se stesso, la propria autenticità.
Da Charlotte Bronte a Philip Roth, da Dostoevskij a Flaubert, da Capote a McCarthy, ogni libro ha accompagnato l’autore, nella crescita, nell’amore, nelle sfide, nelle scoperte, nei sogni, nelle paure. Ogni fase della vita ha trovato una corrispondenza nelle storie raccontate, inventate da altri scrittori. Fantasia e realtà si intrecciano attraverso il sentire di chi legge.
Le esperienze degli altri si depositano in noi, dice Di Paolo. Leggere vuol dire anche questo: allargare gli orizzonti, spalancare non solo lo spazio, ma anche il tempo: è l’immortalità del lettore, il suo equipararsi allo scrittore perché le loro esistenze percorrono la stessa strada, lo stesso filo conduttore, la vita, vivere. La letteratura, sia quando si legge, sia quando si scrive, ci fa sentire più umani, ha il fine di “eliminare quel senso di solitudine che ci assedia, metterci in comunicazione con altre coscienze in cui specchiare la nostra”. Intrecciarsi ad altre vite che diventano le nostre.
Recensione di Arcangela Saverino
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