Vittime del peccato

Analisi lucida e perfetta aderente al Vangelo. Stile di scrittura scorrevole e coinvolgente. Molto vero. Umanamente arricchente.

Sono molte ed interessanti le riflessioni presenti in questo volume che ci aiutano a capire perché l'autore fu allontanato dall'insegnamento da Joseph Ratzinger. Scrive l'autore:"Il peccato occupa, nel pensiero e nella vita dei cristiani un posto centrale e determinante che, in realtà, non ebbe nel pensiero e nella vita di Gesù. Una religione che è tutta centrata sul peccato inteso come malvagità, pericolo e minaccia è una religione che crede in un Dio autoritario, impositivo, minaccioso e giustiziere". Chi detiene il potere può stabilire ciò che è "bene e ciò che è male: "In generale è 'buono ciò che interessa ai potenti mentre è 'cattivo' ciò che a loro dà fastidio". La grande lezione che viene dalla croce è la solidarietà con gli ultimi della terra: "La croce come espressione e conseguenza della solidarietà di tutti 'i crocefissi' della storia. La croce come simbolo di speranza per tutti coloro che non hanno più speranza". Per l'autore, vicino ai teologi della liberazione, il peccato è uno strumento utilissimo, pratico ed efficace per dominare le coscienze, sottomettere la gente, minacciare i ribelli ed escludere coloro che non ha interesse a integrare nel sistema. Occorre che "la morale fondata sull'asse del bene e del male debba essere fondata sull'asse della felicità e della sofferenza. L'asse del bene deve attuarsi nel rendere la gente felice, per quanto ci è possibile, e nell'evitare la sofferenza. Ciò che la morale deve perseguire non è evitare il peccato, ma evitare la sofferenza, alleviare il dolore, far sì che le persone vivano e si sentano felici". E ciò che Gesù faceva con i suoi miracoli.

Libro magnifico, analisi precisa, attenta e multidisciplinare. Castillo si conferma come una delle voci teologiche più autentiche e in grado di leggere il vangelo e il fenomeno cristiano nella sua umanità ed essenza. Libro per chi ha voglia di mettere in discussione la vecchia teologia tridentina