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Woyzeck. Testo tedesco a fronte - Georg Büchner - copertina
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Woyzeck. Testo tedesco a fronte
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Woyzeck. Testo tedesco a fronte - Georg Büchner - copertina

Descrizione


Ballata tragica composta da Büchner nel 1836, Woyzeck si ispira ad alcuni fatti di cronaca riportati dalle gazzette dell'epoca. Il buon soldato Franz, stanco di sopportare in silenzio i tradimenti della sua donna, le beffe dei compagni, il disprezzo del capitano e l'arroganza del medico che lo usa come cavia da esperimenti, in preda alla follia si ribella con sanguinaria violenza ai soprusi subiti. Più che un criminale incallito, è una vittima della malasorte e della cattiveria del mondo. La pièce non è una patetica storia di sensualità, gelosia e vendetta: trasfigurazione spettrale e metaforica di una cruenta tranche de vie, è una cupa parabola sulla solitudine e le lacerazioni dell'uomo, incapace di ricomporre un'armonia perduta. Nessuna luce di speranza rischiara il dramma, dominato da un fatalismo desolato e dalla certezza dell'ineluttabile potere del male nel mondo. Per il suo simbolismo allucinato e la struttura frammentaria e incompiuta Woyzeck è un testo di estrema modernità che anticipa il teatro espressionista del Novecento. In appendice, il testo originale e la traduzione del Wozzeck di Alban Berg.
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Dettagli

8
2007
Tascabile
2 luglio 2007
224 p., Brossura
9788811367468

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Luca
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Woyzeck, soldato frustrato, stanco e vinto dalla vita. Woyzeck, compagno tradito di Marie, padre assente. Woyzeck, in balia dei superiori, di medici, imbonitori, della compagna stessa. Woyzeck, che porta in sé, in nuce, tutta sua la tragica storia. Woyzeck, schiacciato dagli eventi, appesantito, rallentato, immobilizzato fino all’esplosione della violenza. Woyzeck, che finalmente agisce. Woyzeck, disciplinato, obbediente. Folle. Woyzeck, che ha allucinazioni. Woyzeck, coi suoi frammenti di follia. La storia del soldato Woyzeck, senza un vero e proprio filo conduttore, ma con tante stazioni (come una via crucis) che ne evidenziano la surreale e tragica esistenza. La graduale rivelazione all’esterno della sua follia, già ampiamente maturata da tempo dentro di lui. Fino al culmine, con l’omicidio della sua compagna, madre di loro figlio, colpevole di averlo tradito con un ufficiale, in preda a voci e allucinazioni. Woyzeck percorre la strada della condannato, come se già avesse coscienza dell'ineluttabile tragico finale che lo aspetta. Come se non fosse veramente lui ad agire, ma si muovesse solo come ennesimo burattino di un mondo annichilito e privo di umanità. Un capolavoro da rivalutare e diffondere

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Cristiano Cant
Recensioni: 5/5

Ci sono creature che nascono estranee alle cose e alla vita stessa, ospiti occasionali scivolati da uno strambo parto del caso e ai quali qualche Dio doloso avvelena di continuo il bicchiere. La loro sorte è drammatica, brevissima, consegnata ai margini di istanti sempre sbagliati, quelli in cui una luce insopportabile li stritola in una chiarezza che non tarda a farsi delirio. In pochi quadri scenici, stringenti e splendidi, ecco la parabola di un povero barbiere che per sopravvivere e cacciare in tasca qualche soldo si presta a fare da cavia umana; le sue sfortune di reietto, la sua insania, figlia dell'ingiustizia che governa il mondo, il suo candore segreto, magnifico, tutto si mescola in questo testo che restò incompiuto e che è certo specchio della vita di Buchner, un drammaturgo morto appena ragazzo. C'è un verdetto annodato all'anima di Woyzeck come una forca che deride ogni suo agire; Marie, la donna con cui vive, lo umilia di continuo, la società lo scansa come il peggiore dei ratti, attorno non sente che incomprensione e sfruttamento, gli inferi proprio lì, sul suo percorso, come tagliole su ogni passo tentato. Lo dirà lui stesso rispondendo un giorno a un Capitano che esalterà la virtù come grane valore da perseguire sempre: "«Sì, signor Capitano, la virtù. Solo che io non ci arrivo. Vede, signor Capitano, noi povera gente, che non ci ha la virtù…a uno capita così, la natura; ma se io fossi un signore e ci avessi un cappello e un orologio e un’anglaise e fossi capace di parlare bene, allora sì che sarei virtuoso. Dev'essere bello, signor Capitano, avere la virtù. Ma io sono un povero diavolo! Noi povera gente siamo disgraziati in questo mondo e in quell'altro...noi. Credo che se andiamo in cielo dobbiamo aiutare a fare i tuoni". Un vento d'assenza da tutto e tutti, ma che spedisce dritto dritto Woyzeck verso quello che il suo autore definisce: "un cielo talmente liscio che vien voglia di piantare un chiodo e impiccarsi". Testo sofferto, e necessario.

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Georg Büchner

(Goddelau, Darmstadt, 1813 - Zurigo 1837) scrittore tedesco. Nacque nel granducato d’Assia da un medico già al servizio dell’esercito napoleonico (poi consigliere sanitario del governo locale) e dalla figlia di un consigliere di corte. Il padre di B. voleva per il figlio un’educazione francese. B. diciottenne studiò così medicina a Strasburgo (1831-33). Furono due anni felici: amò, riamato, l’intelligente Minna Jaegle, ed entrò a far parte della Société des droits de l’homme, di ascendenza robespierriana e babeuvista, probabilmente controllata da Buonarroti. Costretto a rientrare in patria per concludere legalmente gli studi, gli si rivelò, dalla cittadina universitaria di Giessen, la miseria atroce delle classi popolari. Decise di votarsi all’organizzazione di una rivolta che fosse antifeudale...

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