È un giardino incantato quello evocato nel bel libro di Chiara Mezzalama: è il giardino della residenza estiva dell'ambasciata d'Italia in Iran. Un palazzo magico, appartenuto a un principe Qajar, circondato da un parco immenso, abbandonato, di cui viene riattata soltanto una piccola parte intorno al palazzo. Il resto rimane il regno delle esplorazioni e delle avventure dei due figli dell'ambasciatore, Paolo, il più piccolo e Chiara, di nove anni. E' lei la voce narrante del libro, che racconta in prima persona l'estate trascorsa nel giardino persiano. Intorno, l'Iran infuocato della rivoluzione komeinista, descritto attraverso il punto di vista di una bambina attenta e riflessiva, alle soglie dell'adolescenza. Siamo nel 1981, le manifestazioni anti-americane si susseguono, è appena scoppiata la guerra con l'Iraq, immensi manifesti con il "faccione" di Khomeini ammoniscono minacciosi la popolazione dai muri di Teheran. Sono ricordi di un'esperienza realmente vissuta, rievocata dall'autrice dopo più di trent'anni, in cui la vita personale si intreccia con la situazione politica e sociale dell'Iran, percepita da un osservatorio privilegiato, la famiglia di Francesco Mezzalama, ambasciatore in Iran dal 1980 al 1983. Stridente è il contrasto tra la vita familiare affettuosa e protetta, il mondo ovattato della sede diplomatica e il mondo esterno, intravisto attraverso i vetri dell'Alfetta blindata, che non risparmiano però ai bambini lo spettacolo di due impiccati dondolanti da una gru, in mezzo a una folla minacciosa e fanatica. Il giardino persiano diventa il luogo di esperienze personali positive e formative, come l'incontro con Massoud, il ragazzino iraniano che si intrufola nel parco saltando il muro; o di scioccanti esperienze politiche, perché al di fuori scorrazzano i pasdaran, la guerra semina morti e feriti, le bombe cadono sulla città. Gabriella Leone
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