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La vita umana sul pianeta Terra - Giuseppe Genna - copertina
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vita umana sul pianeta Terra

Descrizione


Ringerike, contea di Buskerud, Norvegia. Lì sorge un carcere. Dal marzo 2022 vi è rinchiuso Anders Behring Breivik. È l'ultima tappa del suo viaggio da detenuto. Regime Shs, Særlig Høy Sikkerhet, alta sicurezza. A pochi chilometri, la riva occidentale del Tyrifjorden, uno dei più grandi laghi del paese. Verso la riva opposta si erge un'isola boscosa, di proprietà dell'Auf, l'organizzazione giovanile del partito laburista. Si chiama Utøya. Su quell'isola Breivik attaccò un campo estivo dell'Auf e uccise con proiettili avvelenati sessantanove persone, in gran parte adolescenti. Era il 22 luglio 2011. Il primo colpo fu sparato alle 17:22. Meno di due ore prima, a Oslo, Breivik aveva ucciso altre otto persone, piazzando un'autobomba davanti all'ufficio del primo ministro Jens Stoltenberg, uscito illeso dall'attentato. Nel 2014 Stoltenberg sarebbe diventato segretario generale della Nato. Breivik non poteva saperlo, voleva ucciderlo per tutt'altri motivi, abietti e contorti. Una storia sbagliata, il fantasma di un movente, un massacro mostruoso. Nello stesso anno in cui Stoltenberg ascendeva al vertice militare dell'impero d'occidente, usciva in Italia - per i tipi dell'editore più main del mainstream - la prima edizione di quest'oggetto narrativo non-identificato, un'opera per molti versi preveggente, che oggi Quinto Tipo ripropone in versione "aumentata", con nuovi capitoli intitolati «I postumi». Di cosa è il nome Breivik, oggi, per noi? Per fornire lacerti di possibili risposte, Genna - tra i più visionari artificieri delle patrie lettere - ha dovuto far brillare, come una valigia sospetta abbandonata alla stazione, la "consegna" ricevuta dall'editore mainstream: «Tu ispezioni il male, fai un thriller allora, è il genere perfetto ora. E Breivik è il male, è perfetto». No. Dire che Breivik è «il male» è banale consolazione, significa ridurlo a spauracchio per mantenere un ordine neoliberale che scatena guerre e stragi immani. Dove noi non guardiamo, Utøya avviene ogni giorno. Alla guida di uno scuolabus giallo Genna solca la campagna norvegese e intanto affastella storie come fascine da bruciare, alcune di primo acchito irrelate, in realtà pertinentissime. Il passato di Breivik, le sedute del processo, una catena di omicidi neonazisti in Germania, storiacce di eroina per le strade di Milano, l'arrivo del Sars-Cov-2... Tutto questo, per dirla con l'ultimo Franco Battiato, è «il vuoto». Venti di profezia parlano di Dei che avanzano. Un libro che male dice quel che dire "bene" tradirebbe.
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Dettagli

2
2022
28 ottobre 2022
197 p., Brossura
9788832067811

Valutazioni e recensioni

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Nino Marra
Recensioni: 1/5

Farneticazione indigeribile scritta in una lingua involuta ai limiti dell'incomprensibile, inutilmente compiaciuta della propria intelligenza. Non è un saggio, non è un romanzo, non è poesia. Alla fine di una lettura noiosa (di quelle che inducono nella tentazione di piantarla lì) uno si accorge di non aver avuto piacere nella lettura e di non avere imparato niente. In una parola di aver perso tempo.

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Gianluca Garrapa
Recensioni: 5/5

Il non-romanzo di Genna mostra due non-personaggi, agiti, loro malgrado, da un vuoto pneumatico: uno a massacrare esseri umani in nome di una legge solo sua e anche del neonazismo, l'altro a non-raccontare il mostruoso dell'umano mostrando le sue nevrosi sempre quasi suicidarie. Uno è Anders Behring Breivik, l'altro è la voce non-narrante di un giornalista che del fattaccio sull'isola Utøya deve mostrare uno spionaggio, un thriller, qualcosa di leggibile e commercializzabile, insomma. La voce come oggetto, come niente, come sguardo, come stacco dal corpo. Come fossile. S'impone di scrivere una storia di questo non-personaggio giornalista che sempre vede e mostra dall'alto le tracce del pianeta terra: dalla torre Galfa o da un aereo verso la Norvegia. E mostra Milano, la sua generazione tossica, sua del giornalista. Uno sguardo profondamente poetico che smette il racconto e intavola un progetto di pregressione all'esoterrestre. Niente può giustificare un'azione tanto esecrabile, nessun trauma. Eppure si può pensare a una declinazione psicotica dell'intero reale, privo di sintomi, e dunque senza scrittura, non c'è scrittura senza sofferenza, dove il luogo che agisce primordiale l'atto nazista e quello scrittorio, non esiste più, è forcluso. L'inconscio non c'è più. C'è un buco, un vuoto. Quel vuoto intersiderale dove fiori crescono in balia di un film interiore che ci fa credere ancora. Credere? Cosa? Nulla. La poesia di Genna, tra la provinciale di elenchi in periferie lombarde e immense strade ultranordiche, ci accompagna e studia il modo di farla finita per sempre con il giudizio di un racconto. Con il mostruoso che non si può mostrare. Non che questo sia solo un non-romanzo, o solo una non-inchiesta, non che non si dica qualcosa di vero intorno all'impossibile, ovvero il reale. Perché, infatti, si può a tratti percepire il gioco alieno della scrittura burroughsiana di Nova Express...

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rejectedfrogs
Recensioni: 4/5

La vita umana sul pianeta Terra conferma la capacità di Giuseppe Genna di andare oltre, confezionando un'opera difficilmente etichettabile: inserita tra i romanzi, in realtà la narrazione pura e semplice, in queste pagine, scarseggia di proposito (per quanto se ne possa dispiacere l'editore, che avrebbe preferito una classica spy story). L'intento della copertina, raffigurante Anders Behring Breivik, è di far emergere dai flutti dell'oblio il racconto della strage di Oslo e Utoya, da lui messa a punto nel 2011; nelle pagine dell'autore, questa tragedia causata non dal male assoluto, ma dal vuoto supremo, è un pretesto per illustrare il degrado della società, tanto a Berlino (illuminante è il discorso ai giovani che studiano da squali) quanto a Milano, dove si ha la sensazione che anche le persone omologate, proprio come i reietti e i tossicodipendenti, non abbiano futuro. La rilevanza inopinabile della strage, progettata da un uomo che fino a pochi anni prima difendeva i compagni dai bulli, viene a tratti quasi oscurata dalla corpulenza delle riflessioni metafisiche dell'autore, costretto a evidenziare la marcescenza di intere generazioni. Non è un libro per persone disperatamente ottimiste e forse non piacerà a chi ha letto solo i romanzi noir di Genna, ma offre la possibilità di approcciare la personalità e la filosofia dell'autore, in modo meno totalitario di quanto possa fare Italia De Profundis.

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Conosci l'autore

Giuseppe Genna

1969, Milano

"Diplomato al liceo classico Berchet e non laureatosi alla facoltà di filosofia dell’Università Statale, il Genna ha iniziato a lavorare nell’editoria molto presto, grazie all’editore Crocetti, che lo ha arruolato nella truppa che operava all’uscita mensile dell’eroica rivista Poesia. Prima di tale esperienza, il Genna era passato sotto il magistero del poeta Antonio Porta, scomparso il 12 aprile 1989.Successivamente, viene chiamato a collaborare presso la Presidenza della Camera dei Deputati, con un incarico che concerne l’organizzazione di manifestazioni artistiche e un lavoro più tecnico che gli permette di studiare da vicino gli atti e il funzionamento di commissioni governative quali quella sulla P2, sulle stragi e terrorismo. Risiede...

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