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Dettagli

2021
2 febbraio 2021
207 p., Brossura
9788806247171

Descrizione

Libro candidato da Renata Colorni al Premio Strega 2021
Il corpo di una scrittrice, in apparenza integro eppure danneggiato, diventa lo specchio della fragilità umana e insieme della nostra inarrestabile pulsione di vita. Francesca Mannocchi guarda il mondo attraverso la lente della malattia per rivelare, con una voce letteraria nuda, luminosa, incandescente, tutto ciò che è inconfessabile.

«Francesca Mannocchi, inviata in contesti bellici, scopre di essere stata colpita da una patologia neurodegenerativa. Reagisce scrivendo un memoir che è un attraversamento della malattia senza sapere ancora il finale» - Alessandra Sarchi, Robinson

«Per chi ha amato "Perdersi" di Lisa Genova, "Cosa sognano i pesci rossi" di Marco Venturino, o il prezioso "Davanti al dolore degli altri" di Susan Sontag, questa lettura è una pietra essenziale. Che ha il merito nudo di metterci in guardia. Dal bianco dei danni che tendiamo a comprimere, in cui crediamo di annegare quando gli altri ci guardano, provando a schivare il loro riflesso.» – Cristiana Saporito per Maremosso

«La vergogna è questa cosa qui. Ci rivela cosa siamo per gli altri, quanto valiamo nel catalogo dei vivi, ora che siamo guasti.»

Quattro anni fa Francesca Mannocchi scopre di avere una patologia cronica per la quale non esiste cura. È una giornalista che lavora anche in zone di guerra, viaggia in luoghi dove morte e sofferenza sono all'ordine del giorno, ma questa nuova, personale convivenza con l'imponderabile cambia il suo modo di essere madre, figlia, compagna, cittadina. La spinge a indagare sé stessa e gli altri, a scavare nelle pieghe delle relazioni piú intime, dei non detti piú dolorosi, e a confrontarsi con un corpo diventato d'un tratto nemico. La spinge a domandarsi come crescere suo figlio correndo il rischio di diventare disabile all'improvviso e non potersi quindi occupare di lui come prima. Essere malata l'ha costretta a conoscere il Paese attraverso le maglie della sanità pubblica, e ad abitare una vergogna privata e collettiva che solo attraverso l'onestà senza sconti della letteratura lei ha trovato il coraggio di raccontare.

Proposto da Renata Colorni al Premio Strega 2021 con la seguente motivazione:
«Ho letto con turbamento ed emozione, nonché con ammirato stupore, il libro di chiarissima impronta autobiografica che Francesca Mannocchi, già nota giornalista e reporter di guerra, ma da oggi anche originale e fine scrittrice, con il titolo Bianco è il colore del danno, ha pubblicato recentemente per Einaudi Stile Libero. Appena l’ho finito, ho subito pensato di proporne la candidatura al Premio Strega ed è ciò che faccio oggi con convinzione.
A suggerirmi questo gesto è stata naturalmente la innegabile rilevanza, scientifica, politica e sociale, del tema che Mannocchi affronta di petto, con competenza specifica e strenuo coraggio: una giovane donna, che nutre per la vita una passione furiosa ed è straordinariamente capace di disegnarne con esattezza le presenze, le assenze, i contorni e le immagini più delicate ma anche le emergenze e le sfide più crudeli, è costretta a fare i conti ogni giorno con una grave e misteriosa e incurabile malattia cronica – la sclerosi multipla – che le viene diagnosticata qualche anno fa poco dopo aver partorito il suo amatissimo figlio Pietro; il suo è un male che è come acquattato dentro il suo bel corpo (ed è forse proprio la gravidanza ad averlo destato), corpo che nel fiore degli anni si è rivelato nemico; al momento quel male non si vede e solo di rado si è manifestato platealmente, e tuttavia la rende , ora e in futuro, “potenzialmente” malata e comunque impossibilitata a governare il suo tempo e a viverlo con libertà; a rigore Francesca, che è disposta a dire la paura con inscalfibile e perturbante onestà, è a rischio perpetuo di sentirsi “guasta” e soggetta a un immedicabile “danno”. Eppure l’amore per la bellezza, per la poesia che è nutrimento della vita, per le parole scelte con trepida attenzione, la rabbia per ogni forma di ipocrisia, il gusto feroce per ciò che è essenziale, e la voglia pazzesca di toccare la verità fanno, a mio avviso, di Francesca Mannocchi una presenza preziosa nel nostro panorama letterario.»

Valutazioni e recensioni

4,1/5
Recensioni: 4/5
(16)

Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.

Recensioni: 5/5

Coraggioso, introspettivo, terapeutico. Bello.

Recensioni: 5/5

Il libro è veramente coraggioso e crudo, apprezzo molto la Mannocchi per il lavoro di report e giornalista che svolge ma questo libro è stato molto triggerante per me e ho avuto difficoltà a finirlo.

Recensioni: 5/5

Devo dire che preferisco la versione reporter di Francesca Mannocchi. Questo libro, seppur molto vero, coraggioso e crudo, non mi ha lasciato molto. L'autrice non parla solo della diagnosi e della sua malattia, e ovviamente di tutto ciò che questo comporta, come la paura e l'accettazione, ma anche della maternità, del rapporto con i suoi genitori e un po' del suo lavoro, ma secondo me in maniera troppo ombelicale, al punto che certe situazioni e considerazioni, essendo di tutti, rischiano di scadere nel banale. Le pagine più intense sono quelle invece in cui Mannocchi solleva lo sguardo da sé e lo allarga, esprimendo la lotta quotidiana, le difficoltà, le ansie che sono comuni a tutti i malati cronici che ogni giorno devono confrontarsi con il progredire della malattia, gli esami di controllo, la terapia, l'assistenza sanitaria, gli impegni della vita familiare e professionale, il futuro ipotecato, i giudizi degli altri.

Recensioni: 5/5

Questo non è un libro sulla malattia, non è soltanto un’autobiografia. È un libro che parla di paura e quindi di coraggio, di cambiamenti improvvisi e di incapacità nell’affrontarli, di emozioni difficili da transitare e di incertezze per il futuro, di fragilità ma di tanta forza interiore. Il bianco, colore che contiene tutti i colori dello spettro, è metafora del corpo di tutte quelle persone che hanno malattie autoimmuni: nel corpo sano, bianco, è contenuto il danno che il corpo che procura a se stesso. L’autrice ben illustra le amare riflessioni sull’incertezza che la malattia provoca, sul tempo che non le appartiene più, sul delicato rapporto paziente-malattia-cura con cui lei stessa si è trovata a fare i conti. Personalmente, ho conosciuto meglio cosa significhi avere la sclerosi multipla e in che forme si presenti. Ammetto di essermi sentita ignorante e prevenuta su questo argomento; questo libro mi ha aperto gli occhi. È una “malattia che può essere anche la malattia dei sintomi invisibili, dei disturbi cognitivi, e dell’astenia, uno dei disturbi piú comuni, spesso tra i primi segnali a comparire.” Questo libro fa andare oltre giudizi e pregiudizi. Rivendica i bisogni, i diritti e i desideri di chi vive la condizione di malato e che da questa non accetta di farsi definire. Rivendica il peso delle parole e l’importanza di non usare il “ti capisco” a sproposito. Sono capitoli densi, a volte brevi, scritti con parole asciutte e precise, ben scelte, ma altrettanto cariche di poesia. In ultimo, questa storia è una testimonianza dello sforzo di “mantenersi in equilibrio con l’infedeltà del corpo, provare a perdonarla, e accettare la malattia”. È un commovente resoconto della sfida di tenere insieme i pezzi che compongono una vita e continuare a desiderare di “volere tutto”, nonostante tutto e tutti.