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Dettagli

2022
18 maggio 2022
230 p., Brossura
9788894833775

Descrizione

Abel, un giovane nativo americano, torna dalla guerra e si ritrova combattuto fra due mondi. Il primo è quello dei nonni, che lo lega al ritmo delle stagioni, alla bellezza selvaggia della natura, agli antichi riti e alle tradizioni del suo popolo. Ma l'altro, l'America moderna e industriale, lo chiama a sé ed esige da lui lealtà, spingendolo in un ciclo distruttivo di vizio e corruzione. Da troppo tempo assente dagli scaffali delle librerie italiane, Casa fatta di alba, prima opera di un nativo americano a essere insignita del premio Pulitzer nel 1969, da cinquant'anni commuove e ispira lettori e scrittori di tutto il mondo. Un tragico racconto sui danni prodotti dalla guerra e dall'alienazione culturale, e sulla speranza con cui si torna alla propria terra, riscoprendo il valore sacro della famiglia e delle tradizioni.

Valutazioni e recensioni

5/5
Recensioni: 4/5
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Recensioni: 5/5

Casa fatta di alba è un libro complesso, respingente nello stile, impegnativo, ma necessario per la coscienza del lettore. Lo stile frammentario fatto di accostamenti, di immagini folgoranti e di repentini cambi del punto di vista che lo rendono più simile alla poesia, riflette le modalità compositive dell’autore, ma esprime anche l’essenza più profonda del protagonista, definito “inarticolato”. Abel, infatti, rientrato nella riserva del New Mexico dopo aver preso parte alla II guerra mondiale, è spezzato e incapace di adattarsi alla realtà, refrattario a ritrovare un proprio posto nel mondo. La parabola discendente di questo personaggio è l’occasione per riflettere su alcuni temi fondanti della narrativa dei nativi americani. Il senso del tempo: per quanto ingabbiato nelle griglie rigide di una linearità convenzionale scandita dai titoli dei capitoli, il tempo mantiene una totale fluidità e si fa tutt’uno con i cicli della natura, con la storia del lontano passato del popolo Kiowa, con l’immemore longevità geologica di un paesaggio selvaggio di sconvolgente bellezza che sovrasta l’individuo. La parola: per i nativi potente strumento di trasmissione orale di racconti identitari, sacri, vincoli generazionali che superano la limitatezza del singolo, si confronta con la parola “commerciata”, scritta, ingannevole dei bianchi. Il rapporto tra nativi e invasori: scritto nel pieno della guerra del Vietnam, il libro costituisce un attacco all’imperialismo statunitense, che potrebbe essere letto come il proseguimento di quella ferocia dell’inesorabile avanzata della cavalleria che ha cancellato le tribù native, ha eretto muri per confinarle, le ha ridotte al bisogno costringendole all’assimilazione. L’identità statunitense si forgia sul mito del destino manifesto di successo e progresso, ma questo libro sapientemente mostra e ci fa sentire in modo vivido una delle ferite non rimarginabili su cui questo racconto ufficiale si fonda e che vorrebbe invano far dimenticare.

Recensioni: 5/5

Un romanzo scritto con grandissima maestria. Le descrizioni del Pueblo Jemez sono suggestive e indimenticabili. L’autore alterna diversi registri, dall’oscuro flusso di coscienza di Abel a momenti di incantevole lirismo. Non assomiglia a nient’altro che abbia mai letto e lo straconsiglio,