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Sarà sicuramente bellissimo, ma io non c' ho capito niente, a parte il racconto su Giuda.
Un autore complesso che può suscitare le più varie e contrastanti sensazioni. Romanzo da leggere per il suo impatto culturale ma di per sè non piacevolissimo.
Leggere Borges vuol dire comprendere Gabriel Garcia Marquez o la più recente Mariana Enriquez. Finzioni, insieme a "Storia universale dell'infamia" e "L'Aleph" compongono il trittico primigenio di ciò che poi verrà chiamato Realismo Magico, nonché starting point delle opere dello scrittore. Insomma, un piccola - e immensa - lettura per chi si vuole approcciare al mondo e alla storia della letteratura sud americana nel quale si fonde a sua volta la storia e la letteratura occidentale di cui Borges era avvezzo
Esistono libri cui si appartiene. Non è necessario averli letti. Basta anche solo conoscerne il titolo, perché s'instauri un profondo legame tra la persona e il libro. E il titolo del libro ricorre nella vita, rincorre l'esistenza nelle strane circostanze, negli amori, nelle giornate infinite in cui è insopportabile riflettere, nelle giornate in cui la memoria fa cilecca e le immagini dei giorni andati ritornano confuse e fastidiose. È già il titolo a parlare, a trasmettere, a guidare riflessioni su mondi lontanissimi, girando l'angolo, e labirinti intricati. La mano, in totale autonomia, riempie le pagine di questo titolo. Ficciones di Borges è tutto e niente. È niente come libro, raccolta di racconti. Ogni racconto è tutto. Ogni racconto è un universo che implode sulla sua contraddizione di surreale variante del mondo possibile. Come se, invece, nel nostro mondo non si scatenassero contraddizioni e situazioni surreali... la legge del verosimile in questo libro è ridicolizzata e violentata: non serve. Inutile seguire il filo di questo libro: è un dedalo, come quello di Ts'ui Pên, che fu governatore dello Yunnan, che dà incomodo alla memoria; una memoria che fa disprezzare di noi stessi, perché a ognuno mostra «sul volto il marchio della [propria] infamia».