Thelonious Monk che crea un suo privato linguaggio al pianoforte dalla cucina. Charles Mingus che si lancia per le strade di New York su una bicicletta troppo piccola per lui. Dyer evoca la musica e gli uomini che hanno dato forma al jazz moderno partendo da foto, aneddoti e, su tutto, dal modo in cui egli stesso sente le melodie. Amalgamando fatti di cronaca e ricostruzioni narrative, dà forma a un libro sull'influenza che il jazz ha avuto sulla società e la cultura occidentali e sulle vite di alcuni dei musicisti più importanti della storia – Duke Ellington, Chet Baker, Harry Carney, Bud Powell, Ben Webster, Art Pepper. Vite evocate con tanta vividezza che, secondo Jonathan Lethem, "si può sentire il whisky sulla lingua, l'odore dei mozziconi di sigaretta, i colpi di tosse fra una registrazione e l'altra". È un libro sulla musica, e su come la musica può cambiare la vita. Sull'arte, sulla bellezza, sulla bellezza imprevedibile della vita. È un libro in cui la scrittura si piega fino a diventare puro suono, grazie a una prosa metaforica che rispecchia le stranezze, le eccentricità e la brillantezza dello stile di ogni musicista. Come ha dichiarato il pianista Keith Jarrett, "se un grande assolo è definito dall'intensità con cui il suo tessuto è percepito dall'autore, il libro di Dyer lo è".
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Non è chiaro dove la realtà finisce per far posto all’aneddoto, e dove questo è sostituito dall’immaginazione lisergica dell’Autore che disegna scenari come se fossero deformati dagli stupefacenti, forse in considerazione che gran parte dei musicisti di jazz erano schiavi dell’eroina. Ben più interessante è la postfazione, che in forma di saggio riassume l’evoluzione del bebop fino ai nostri giorni e ripercorre le esistenze maledette che caratterizzarono diversi strumentisti jazz, in maggioranza afroamericani.
«Tutti compresero che deve esserci qualcosa di terribile in una forma musicale che può fare tale scempio di un uomo. Come quando si guarda un ginnasta e si dà per scontato che sia agile e forte, finché la frazione di un errore non lo fa schiantare al suolo. Solo allora capisci fino a che punto era parso normale ciò che è al limite estremo del possibile. Ed è la caduta, piuttosto che il salto mortale impeccabile, a esprimere la verità, l'essenza dello sforzo; quello è il ricordo che si accompagna per sempre». (p. 97)
Un libro molto bello e ricco di aneddoti (più o meno veritieri come conferma lo stesso autore)raccontati con estrema poeticità, che avvicinano il lettore a quel mondo "particolare" fatto di musica, viaggi, passioni ma anche di alcool, droga e fumo, quale è quello del JAZZ. Assolutamente consigliabile agli estimatori del genere ma anche a coloro i quali vogliono scoprire le vicende/vicissitudini di alcuni tra i musicisti più grandi del Novecento Americano.