«Ci sono libri che si leggono velocemente, che si divorano come si usa dire, questo no. Questo è un libro da leggere lentamente, con i tempi giusti, con le pause che lo stesso autore ci dice di fare, lasciando alcuni spazi bianchi dove respirare, attendere e poi riprendere.» - Giulia Mozzato per Maremosso
Un uomo e un bambino, padre e figlio, senza nome. Spingono un carrello, pieno del poco che è rimasto, lungo una strada americana. La fine del viaggio è invisibile. Circa dieci anni prima il mondo è stato distrutto da un'apocalisse nucleare che lo ha trasformato in un luogo buio, freddo, senza vita, abitato da bande di disperati e predoni. Non c'è storia e non c'è futuro. Mentre i due cercano invano più calore spostandosi verso sud, il padre racconta la propria vita al figlio. Ricorda la moglie (che decise di suicidarsi piuttosto che cadere vittima degli orrori successivi all'olocausto nucleare) e la nascita del bambino, avvenuta proprio durante la guerra. Tutti i loro averi sono nel carrello, il cibo è poco e devono periodicamente avventurarsi tra le macerie a cercare qualcosa da mangiare. Visitano la casa d'infanzia del padre ed esplorano un supermarket abbandonato in cui il figlio beve per la prima volta un lattina di cola. Quando incrociano una carovana di predoni l'uomo è costretto a ucciderne uno che aveva attentato alla vita del bambino. Dopo molte tribolazioni arrivano al mare; ma è ormai una distesa d'acqua grigia, senza neppure l'odore salmastro, e la temperatura non è affatto più mite. Raccolgono qualche oggetto da una nave abbandonata e continuano il viaggio verso sud, verso una salvezza possibile...
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Di questo libro ricorderò solamente il livore e la frustrazione provati nel girare le pagine e trovare scritte le stesse identiche descrizioni delle pagine precedenti, Se togliete dal libro le descrizioni, ripetute fino alla nausea, della polvere, del mare e del vento, praticamente rimane solo la copertina. Il dato ai miei occhi inspiegabile che il libro sia considerato un capolavoro (ma fortunatamente ci sono alcune voci fuori dal coro) credo vada addebitato al fatto che lo scrittore è un americano, che ha scritto questo romanzo quand'era ormai al vertice della sua carriera. L'incrocio di questi due elementi deve aver fatto sì che il pubblico e la critica nostrani, sempre piegati a novanta quando si tratta di leggere o parlare di un libro scritto da un americano, per di più pluripremiato e osannato addirittura da Harold Bloom, l'abbiano elevato a capolavoro, per la paura di passare per quelli che non capiscono. Fatta questa debita premessa, la trama nel libro è inesistente: un padre e un figlio, che fanno tra di loro dei discorsi insulsi (assolutamente non necessari alla narrazione dei pochi eventi del libro) terminanti puntualmente con un irritantissimo "Ok", come se l'autore non sapesse come chiudere i dialoghi, camminano verso un imprecisato "Sud" compiendo tutte quelle azioni di rito che ogni sopravvissuto ad un Apocalisse letteraria fa: procacciarsi del cibo, creare ripari con le poche cose che si hanno a disposizione, stare all'erta per il possibile avvicinamento di potenziali nemici; in tutto questo, quindi, nessuna originalità; e non nascondo che ho provato un leggero imbarazzo nel leggere cose come questa: "-Togliti i vestiti.- Cosa?.-Togliti i vestiti. Fino all'ultimo maledetto straccio che hai addosso. -No, dài. Questo no". Poi i personaggi non hanno alcuna evoluzione psicologica, rimangono per tutte le 200 pagine così com'erano alle prime righe; insomma, un romanzo che sconsiglio a tutte le persone dotate di gusto letterario e di semplice buon senso.
Libro interessante, ma niente di che. Non è particolarmente profondo e pochi episodi restano davvero impressi nella memoria. Carino, ma trascurabile.
Ascoltato su audible, egregiamente letto da Lino Guanciale. È un romanzo crudo, faticoso - e al tempo stesso nei dialoghi essenziali dolcissimo - così come è il peregrinare di un padre e un figlio alla ricerca di un appiglio per sopravvivere ad un presente senza futuro. Quando tutto muore e nulla germoglia tutto ciò che rimane è rimanere umani e rimanere "buoni". Indimenticabile e necessario. Bellissimo. Da leggere con la consapevolezza che si piange tutte le lacrime che si possono versare.
E' stata una lettura molto impegnativa, e di certo speravo in un finale diverso. Veniamo catapultati in un mondo oramai senza vita, una terra fatta di cenere, di fumo, di mari grigi e di cieli senza stelle, cupi. E' un mondo post-apocalittico quello che l'autore ci racconta mediante gli occhi di un uomo e di un bambino. Pagina dopo pagina viene snocciolati un mondo che mai vorremmo abitare, un mondo completamente senza vita, infatti i protagonisti camminano tra la vita e la morte. Ho provato angoscia, paura e disperazione per i protagonisti, ma soprattutto per quel bambino con mille domande a cui nessuno, neppure suo padre, potrà mai rispondere. Ma andando avanti nella lettura, un pensiero mi balenava spesso nella testa, ovvero, magari l'autore contrappone la figura di una persona adulta con quella di un bambino perchè in maniera silenziosa vuole farci intendere che l'uomo appartiene ormai a un mondo passato e consumato mentre il bambino rappresenta la speranza di un futuro migliore e dignitoso. Ma se mi fermo un attimo e tutto ciò che ho letto lo catapulto nei nostri giorni mi viene solo da pensare che ciò che stiamo lasciando alle generazioni futuro è un mondo non di certo florido. Non so se consigliarvi questa lettura, ma se scegliete di leggerlo sappiate che non è una lettura leggera.