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Dettagli

2022
Tascabile
21 giugno 2022
300 p., Brossura
9788804750055

Descrizione

Perché in cent'anni la psicoanalisi non è riuscita a curare il malessere dell'uomo, non ci ha reso più felici, non ha creato un mondo migliore? A oltre un secolo dalla nascita della terapia psicoanalitica, uno dei grandi filosofi e psicologi del Novecento e uno scrittore dialogano, interrogandosi sugli obiettivi raggiunti da questa disciplina e ne tracciano un bilancio. Sempre più persone infatti vi si rivolgono per contrastare un crescente malessere, eppure nella società occidentale continuano a dilagare nevrosi, paure, infelicità. La psicoterapia ha dunque fallito? E soprattutto, come si può intervenire oggi perché possa tornare efficace? Forse l'errore è stato concentrarsi esclusivamente sulla mente e sull'anima dell'individuo, sulla sua storia interiore, e perdere di vista il mondo esterno. Se la terapia ha lo scopo di adattare l'individuo a una società malata, infatti, il risultato sarà una moltiplicazione del malessere, nell'individuo e nella società. Ciò che serve, allora, è un radicale, coraggioso cambiamento di paradigma. Quello che Hillman e Ventura propongono in questo saggio, un caposaldo della riflessione psicologica (e non solo) che gli autori stessi auspicavano come «informale, selvaggio, perfino divertente; un libro che rischiasse, che trasgredisse le regole, che passasse col rosso». Una lettura, insomma, capace di aprire la mente.

Valutazioni e recensioni

2,5/5
Recensioni: 4/5
(2)

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Recensioni: 5/5

E’ un dialogo, «come due jazzisti che si rimandano dei motivi, avanti e indietro» tanto che «le voci cominciano a mescolarsi». L’anima si riscopre attraverso la patologia nell’individuazione junghiana di diventare sempre più se stessi, mentre la crescita è una idealizzazione che predispone al fallimento. La cognizione non precede la volizione e il fare: questo l’errore della terapia. Non bisogna che siano eliminati i démoni perché si porterebbero via anche i miei angeli (Rilke). I miti sono reali e il pathos va vissuto fino in fondo, assumendoselo. In questo serve fantasia e ridefinire il concetto di Sé, fuori dalla cartesiana scissione interiore/esteriore. Abbiamo bisogno di un pensiero più antico (psicologie animistiche tribali) nell’anima delle cose, non nella individualità. Insomma, il problema terapeutico non è come sono diventato così, ma cosa vuole da me il mio daimon. L’interiorità per la nostra società è tutta nell’atto di presentarsi (trama è mythos). Ma noi non moriamo soli: ci incontriamo con gli antenati e il nostro mondo notturno dei sogni. Ecco perchè serve la follia messaggera degli dèi. Un testo che va letto dopo aver letto i libri più tosti di Hillman per comprendere talune sfumature....

Recensioni: 5/5

1993: in ''Cento anni di psicoterapia [o psicanalisi, nelle ristampe] e il mondo va sempre peggio'' la coppia Hillman-Ventura espone cause, antidoti e rimedi solo nella prospettiva della ''psicologia architipica/-ale'', eludendo un'approfondita e dettagliata indagine d'un secolo di fallimenti. Era auspicabile un confronto incentrato sulla maslowiana ''piramide dei valori'', poiché basata sul ribaltamento degl'assunti terapici di partenza: attenzione rivolta non a psicosomatopatie ideoaffettive, bensì a modelli esemplari di successo. Sembrerebbe un approccio filosoficamente corretto: la "negativité sans emploi" ("negatività senza impiego"), il rigetto tanto della "negatio negationis" dialettica o "raddoppio del negativo" quanto dell'eterogenesi dei fini. Eppure anche l'approccio di Maslow rientra nella secolare lista di flop. Alcuni motivi sono ovvi, altri meno: senz'anelli di retroazione fra i vari stadi, ci si può percepire autorealizzati "in tutto il necessario tranne che nell'essenziale" (commiato frequente tra i suicidi). Al "be yourself" e al winnicottiano distinguo tra vero e falso sé Guzzanti/Quelo replicherebbe con "La risposta è dentro di te, e però è sbagliata". Raggiungere i propri obiettivi soggettivi quand'essi rischiano di svelarsi oggettivamente insoddisfacenti può suscitare un'angoscia insostenibile. Ma per disporre di parametri oggettivi bisogna aver risolto l'eterno problema dell'"analogia entis" e della "via eminentiae": aver individuato cosa ci sia mai di salvabile e salvifico in enti ed eventi per ampliarlo, estenderlo, amplificarlo, e/o viceversa aver compreso in cosa consista l'Assoluto monovalente positivo, univocamente benigno, e da ciò inferire l'intersezione col nostro qui e adesso. Il che non è ancora dato. Ergo?