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recensione di Sensales, A., L'Indice 1996, n. 9
Undici imprenditori meridionali capaci di creare lavoro applicando innovazioni tecnologiche a piccole imprese con meno di 250 dipendenti finanziate dalla legge 44. Sono i "giovani del sud" protagonisti delle storie raccontate da Empedocle Maffia, giornalista radiofonico che dirige il New Italy Project presso il Center for Strategic & International Studies a Washington. Il libro racconta di progetti realizzati tra speranze e disillusioni: dai container cisterna prodotti dalla Medcontainer, creata e diretta da un giovane siciliano costretto a trasferirsi da Palermo ad Anagni perché l'Asi (Area per lo sviluppo industriale) aveva tardato ad autorizzare l'acquisto dei terreni per la localizzazione dell'azienda, ai servizi a carattere tecnico-scientifico della cooperativa Nautilus che studia la vita biologica nel Mediterraneo con l'ausilio della nave oceanografica Coopernaut Franca. Dai 7 milioni di tappi in sughero prodotti annualmente dalla San Basile al confine tra Calabria e Basilicata, ai vivai computerizzati della Covimer (Cooperativa vivaistica meridionale) alle porte di Battipaglia. Dalle montature per occhiali prodotte dalla Optical City di Tito Scalo vicino a Potenza, ai tessuti di filati della Abiesse di Castrignano de' Greci in provincia di Lecce. Dalle creazioni stilistiche realizzate da Maurizio Galante alle porte di Latina per i mercati americani, europei e giapponesi, ai laboratori della Cepa (Centro per la protezione ambientale e l'analisi dei materiali), nel porto di Palermo, dove quindici geologi analizzano natura e origine di qualsiasi pietra per valutare la fattibilità di un piano cave o la consistenza delle terrecotte. Dalle tecnologie della Geco (Gestione controlli) in cui white collars molisani governano sofisticati processi produttivi connessi all'azienda madre Fiat di Termoli, alle vele prodotte con il taglio laser dalla Veleria Fois per l'azienda Sardegna a Cagliari ed esportate in tutto il mondo.
Il quadro concettuale cui fa riferimento l'autore per ordinare il materiale raccolto è esplicitato nell'appendice con le due interviste al sociologo Carlo Borgomeo e all'economista Paolo Sylos Labini (nelle quali tornano temi affrontati da Gianfranco Dioguardi in "La natura dell'impresa fra organizzazione e cultura", Laterza, Roma-Bari 1996, pp. 98, Lit 15.000 e in "L'impresa nella società di Terzo millennio", Laterza, Roma-Bari 1996, pp. 253, Lit 30.000). Capacità innovative delle piccole imprese e ostacoli burocratici frapposti dalla pubblica amministrazione meridionale che troppo spesso è ammortizzatore sociale piuttosto che servizio per gli utenti, valore emblematico della legge 44 e inadeguatezza del sistema bancario, disponibilità a intraprendere in settori a basso profitto e carenze infrastrutturali, impegno civile e ostacoli mafiosi: il Sud del Duemila prende corpo tra luci e ombre evitando facili ottimismi: "Sapendo di dover evitare un errore; quello di enfatizzare i pericoli della corruzione e della delinquenza organizzata, perché a quel punto ridurremmo i nostri imprenditori agli stereotipi meridionali lamentosi e in cerca di alibi".
Le vicende narrate nel libro hanno il merito, tra l'altro, di confutare il luogo comune della scarsità di risorse, addotta come argomento da chi osteggia il rilancio degli investimenti nel Sud: i fondi strutturali dell'Unione europea hanno destinato alle regioni in ritardo di sviluppo 60.000 miliardi di lire per il biennio 1994-95. Il problema è semmai la proverbiale incapacità di spesa delle regioni meridionali, che a fine 1995 sono state in grado di utilizzare solo il 5,8 per cento del miliardo di ecu stanziato dall'Ue per sostenere entro il quinquennio 1994-99 lo sviluppo di piccole imprese che attualmente assicurano oltre il 70 per cento dell'occupazione, il 50 degli investimenti e il 60 per cento delle ricchezze, privilegiando quelle insediate nelle aree svantaggiate. Quei fondi sono potenzialmente in grado di bilanciare la fine dell'Intervento Straordinario e della Casmez a condizione di rovesciare la logica dei residui passivi.
Progetti mirati (depuratori per le acque, inceneritori, reti telematiche, centri multimediali, biblioteche elettroniche, archivi informatici per le banche, potenziamento della telefonia) e localizzati territorialmente possono attrarre risorse pubbliche e private a livello nazionale e internazionale, come dimostrano i circa 80 miliardi del piano "Urban", già approvato da Bruxelles, per il quartiere Stella San Carlo-Sanità e per la zona Montecalvario-quartieri spagnoli; mentre i comuni di Napoli e di Roma sono in attesa del via libera per il progetto presentato in collaborazione con la Società per l'imprenditorialità giovanile che prevede l'investimento di 7 miliardi per realizzare incubatori d'impresa nella zona Scampìa e nel quartiere Corviale a Roma.
Maffia documenta che la legge 44, in vigore dal 28 febbraio 1986, ha approvato, entro il settembre 1995, 990 progetti sui 4.471 presentati. Ne sono scaturiti 19.299 nuovi posti di lavoro (20 per progetto, con un investimento pari a 151 milioni per addetto) localizzati per il 53 per cento nell'industria, per il 23 nei servizi e per il 24 per cento nell'agricoltura; la Puglia è al terzo posto nella graduatoria delle imprese sorte (14 per cento), dopo la Campania (25 per cento) e l'Abruzzo (15 per cento), seguono la Calabria (13 per cento) e il Lazio (10 per cento). L'82,2 per cento di quelle aziende è in attività da oltre cinque anni e si è inserito stabilmente nella struttura produttiva meridionale con una media di dodici addetti per impresa. In questa direzione è di grande interesse l'esperienza, avviata tra gli altri, dall'Istituto dell'Enciclopedia Italiana, che propone moduli didattici per l'informatizzazione permanente degli addetti alle imprese nelle aree europee depresse, nella consapevolezza che l'80 per cento delle innovazioni odierne sarà obsoleto nel 2000.
Abbandonata la disastrosa strada degli investimenti a pioggia, le risorse possono essere finalizzate al sostegno delle piccole imprese, della formazione permanente e del settore no profit (attività autonome, lavori socialmente utili, volontariato, cura dei malati, sostegno agli anziani, assistenza all'infanzia, tutela ambientale, valorizzazione del patrimonio artistico, riciclaggio dei rifiuti urbani, lotta all'inquinamento, informatizzazione di base, attività fisiche, ricreative e sportive per il tempo libero) intrecciate a processi di vera e propria reindustrializzazione. "Particolarmente interessante è il caso in cui le imprese figlie si propongono di fornire servizi altamente specializzati all'impresa madre che, in siffatte circostanze, non può che essere media o grande. Questo caso si ricollega direttamente, e più spesso indirettamente, alle iniziative pubbliche volte a creare parchi tecnologici e centri di ricerca delle università". Il nuovo Mezzogiorno può nascere da qui.
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