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Aleksej, Elena e Nikolka sono i tre fratelli Turbin. Vivono a Kiev. E' un periodo caotico. Si scontrano le truppe dell'etmano Skoropaskij, di Pletjura, che raduna i seguaci della Rada appena decaduta, dei tedeschi che appoggiano l'etmano, dei bolscevichi. Siamo tra il dicembre del 1918 e il febbraio del 1919. Il romanzo si apre con i funerali della madre dei Turbin e si chiude con la rivelazione della fuga di Talberg, il marito di Elena. Nel mezzo, la neve, il caos (chi spara?), le fughe, soprattutto quella dell'etmano che getta nel caos le truppe che lo sostengono, la paura dei contadini di Pletjura che premono fuori della città, il terrore del diavolo Trockij e dei soviet. L'Apicalisse è vicina? Romanzo complesso, dal ritmo moderno, farcito di clownerie e di sogni, cifra tragico-grottesca dello stile di Bulgakov. Si seguono personaggi secondari che rendono viva l'immagine di Kiev, città preda, come i Turbin, della storia. E' indispensabile un ripasso storico del periodo della guerra civile del 1918-20 prima di leggere il romanzo. Altrimenti si perdono molte coordinate.
Dopo la fatica e la delusione de Il Maestro e Margherita, ho letto La guardia bianca solo perché O. Figes, storico del comunismo e della letteratura russa, ne cita qualche passo, definendolo un “magnifico romanzo”. Per essere sincero, ho fatto fatica ad arrivare alla fine anche di quest'altra opera di Bulgakov. E' un romanzo corale, animato da tante voci anonime, che si sviluppa come un documentario girato da un regista che vaghi per la città sconvolta con una cinepresa portata a spalla. Egli riprende tanti frammenti di realtà che spesso rimangono sfocati e a cui non è facile dare ogni volta un significato. Quando invece l'immaginario operatore fa una sosta, la cinepresa descrive situazioni coerenti, drammatiche ed espressive. Lo stile di Bulgakov in generale non mi piace, perché egli comincia a descrivere ogni scena da minimi e isolati particolari, visti dal basso e da troppo vicino, sempre difficili da unificare. Tuttavia spesso un singolo dettaglio lampeggia con luce abbagliante. Per es., questo particolare nella folla: “Nero, col sedere rivestito di cuoio, simile a uno scarabeo spezzato, un uomo senza gambe arrancava, fra i piedi della gente, aggrappandosi coi guantoni alla neve calpestata”. Oppure il passaggio di un reggimento di ussari-tedeschi: ”Berretti pelosi sopra visi superbi e soggoli a scaglie che serravano menti di pietra”. Altre volte la grande quantità di particolari, anche se rimangono frammentari e sfocati, creano una scena di massa vivace e drammatica. Per es., la gente in strada che, per paura dei soldati, scappa in tutte le direzioni. Oppure, dopo l'ingresso in città dei cosacchi di Petljura, lo svolgimento della processione e della parata militare, mentre in un vicolo vicino due uomini, indicati dalla folla come ufficiali della fazione avversaria, vengono sbrigativamente uccisi. Nelle sequenze più lunghe, Bulgakov è un narratore vero, quando descrive la morte e la paura e quando rievoca cari ricordi di scuola o si commuove sugli oggetti che accompagnavano una calda vita di famiglia.
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