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Pubblicato proprio alla metà del XVI secolo, questo del Doni, uno dei libri di maggior successo nel Cinquecento italiano, è un testo ingiustamente dimenticato. Segue la sorte dei suoi compagni di avventura letteraria, quei testi di viaggio nel paese d’utopia che vanno da Moro a Bacone, che conoscono gran curiosità e interesse per un secolo o poco più e poi si perdono, se non tutti la più parte. Sino alle soglie recenti di un’idea di modernità che non rifiuta l’attesa del buono o del meglio, il bagaglio della fiaba e della meraviglia, e il continuo andare, il viaggio, come curiosità e sete di conoscenza. Non senza qualche brivido di ragioni esistenziali, nella critica dell’attualità come malgoverno dei sentimenti o della ragione. Tutti elementi che il fecondo e fortunato Doni tiene assieme, mescolando fiaba e scrittura visionaria, polemica e moralismo con elegante disegno unitario.Lo schema narrativo è quello del viaggio (gli Accademici Pellegrini, insieme attori e narratori, si pongono lungo un cammino che va dal microcosmo a Dio, alla ricerca dei segreti posti oltre la luna, tra mondi reali e luoghi immaginati), la formula è quella del dialogo, le incursioni toccano la fiaba, la novella, l’incrocio di realtà e finzione, di inventato e realistico.Libro fortunato e dimenticato, mobilmente godibile e pieno di felici invenzioni, “I mondi” sono qui proposti nell’edizione ultima voluta dal loro autore, quella del 1568. Un’ampia introduzione alla lettura di Marziano Guglielminetti permette di usufruire nel modo più adeguato dell’opera e di rivisitarne la fortuna e il contesto; la cura e le note di Patrizia Pellizzari completano gli apparati predisposti per l’edizione del 1568 e per le parti espunte delle precedenti stampe, raccolte in appendice.
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