Tutte le mie compagne di classe avevano nonne affettuose, generose, buone, la mia era una carogna. Ma ho avuto una zia, che mi ha fatto da nonna e un po' anche da mamma. La zia era la sorella di mio padre, che era mio padre ma non era mio padre. Ho una madre, però madre N.N. "Paplò" è un romanzo memoir ma non un'autobiografia. Non tratta la verità assoluta ma l'autenticità dei sentimenti dei personaggi e di chi narra. Ricordi sepolti recuperati, raccontati, in qualche modo liberati dai rovi che li avvolgevano, per ricollocarli in un ordine emotivo nuovo, una nuova narrazione. Tante piccole storie che diventano storia. A. è una donna ormai adulta. Una vita tutta in salita, ora sopraffatta dalla crescente percezione di "scivolare". Sensazioni, flash confusi e lontanissimi nel tempo riaffiorano con tutta la loro carica emotiva. Attraverso un'immagine lontana e confusa scopre di aver vissuto i primissimi anni della sua vita in un edificio in costruzione oggi Palazzo di Giustizia (scopre che suo fratello è stato partorito nell'attuale aula del tribunale penale). In un dialogo finalmente possibile con la propria madre, la ricostruzione dei ricordi riscrive il passato. Dal racconto dei genitori coglie lo sguardo di due adolescenti sull'ultima guerra, il loro ricordo di quelle esperienze, dai bombardamenti di Bari del 2 dicembre del 1943, all'eccidio di Vecchiazzano frazione di Forlì, avvenuto il 7 novembre del 1944 nel quale suo nonno viene trucidato. Due giovani che diventano adulti imprigionati nella povertà e nell'ignoranza del dopoguerra e che tentano un futuro. Un lungo cammino a tappe, con pochi successi e tante cadute, per arrivare fino ai giorni nostri. Per A. tenacia e coraggio gli unici insegnamenti appresi dalla madre. L'importante è provarci e riprovare. Si nasce tutti scalzi, chi più chi meno.
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