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Non è del tutto sbagliato diffidare delle raccolte di aforismi di un autore, soprattutto quando si tratti di un classico, o di un pensatore complesso come Schopenhauer, spesso banalizzato con l'accusa di essere un modello di pessimismo, asocialità, misantropia e misoginia. I pensieri qui raccolti, estrapolati da contesti di interpretazione evidentemente più problematica, sembrano infatti avvalorare tutti i pregiudizi che nell'arco di due secoli si sono tramandati sul filosofo di Danzica. La vita degli esseri umani oscilla per lui tra dolore, tragedia, commedia, inganni, violenza, stupidità, noia: dominata dal caso, sembra comunque destinata a perpetuare una farsa priva di giustificazione nella storia individuale e collettiva. "L'esistenza è un episodio del nulla", "Desiderare l'immortalità è desiderare la perpetuazione in eterno di un grande errore". Non c'è niente che salvi l'uomo dal suo destino di insignificanza: non l'arte, non la gloria, non la fede, non la società, né l'amore. Tutte pure illusioni, dettate dalla paura e dall'ignoranza. "Sposarsi significa fare il possibile per venirsi a nausea uno all'altro", "Non dire al tuo amico ciò che il tuo nemico non deve sapere", "Se ascoltassimo solo per poco come la maggior parte dei nostri buoni conoscenti parla di noi in nostra assenza, non scambieremmo più una sola parola con essi", "Leggere significa pensare con la testa altrui invece che con la propria", "Così come sono assai diffuse le persone che scrivono, altrettanto rare sono quelle che pensano". Si salva Dio, almeno, da questa tabula rasa di valori e affetti? Non del tutto: "Se un dio ha creato questo mondo, non vorrei essere quel dio: la miseria del mondo mi spezzerebbe il cuore". Forse con più indulgenza Schopenhauer guarda solo alla musica, unico linguaggio universale e innocente. Per il resto, la sua negatività sembra rivaleggiare con quella del suo grande contemporaneo Leopardi: "La sola felicità è quella di non nascere".
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