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Arrivata a pagina cinquanta mi sono fermata e mi sono chiesta: chi me lo a fare di contnuare questa storia triste, scritta in maniera approssimativa e spenta, probabilmente prevedibile, pervasa da un pessimismo cosmico che non lascia spiragli di nessun genere? E mi sono chiesta anche: come diavolo è minimamente possibile un paragone con Simenon e il suo Maigret, personaggio del tutto diverso da Van Veteren, circondato da persone diverse, da una città diversa, da un mondo diverso? Che Nesser possa piacere posso benissimo capirlo, ma almeno collochiamolo al posto giusto. Sono sicura che lui stesso non accetterebbe il confronto con lo scrittore belga.
Ottima narrazione, scorrevole e semplice. Belle le ambientazioni e la descrizione dei personaggi, che sembrano prendere forma. Consigliato caldamente a chi desidera leggere un buon libro e non il solito "giallo all'americana". Raccomando anche La rete a maglie larghe, sempre di Nesser. E un'ultima riflessione.... ma perchè dobbiamo sempre paragonare gli scrittori "moderni" con quelli del passato? Simenon è Simenon e Nesser è Nesser, che vive e scrive nel 2008! E' solo questione di gusti....
Lo stile asciutto, l'ambientazione fumosa, i dialoghi serrati ed i personaggi scandagliati nei recessi della loro psiche fanno pensare, in effetti, ad un novello Simenon. Naturalmente la Svezia non è la Francia e Nesser non è Simenon, per buona pace di entrambi. Parafrasando Sciascia, "A ciascuno il suo". Credo che il giornalista de "La Repubblica" intendesse più o meno la stessa cosa. Non credo, peraltro, che stilare una graduatoria di talento sia proponibile o che quantomeno serva a qualcosa. Anche la letteratura, tutto sommato, è una questione di gusti.
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