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“Il Convento Rosso” è il secondo romanzo di Claudio Piras. Non è facile trovare un'esatta definizione per questo libro. Indubbiamente potrebbe essere definito un’ottima opera moderna, in cui le caratteristiche del romanzo storico e d’avventura si uniscono con forti sfumature psicologiche, paraboliche e fiabesche. La storia parte da una strana coincidenza: due uomini, che apparentemente non hanno nulla in comune, muoiono nello stesso periodo. I loro ereditieri decidono di partire assieme in un luogo che neanche conoscono, per svelare il macabro segreto dei padri. A questo punto appare il vero protagonista del romanzo– il Convento Rosso. Un’imponente monastero medioevale, che esiste davvero al confine tra la Polonia e la Slovacchia. L'autore si pone l’obiettivo di narrare i momenti più rilevanti della sua tormentata storia. La prima e l’ultima parte sono ambientate nel 1980, un anno importante per la comunità europea (il fermento che portò alla caduta del muro di Berlino). La seconda parte parla della seconda guerra mondiale e di un complotto che avrebbe potuto cambiare le sorti del mondo. La terza parte è ambientata nel ‘700, in un piccolo borgo montanaro slovacco, la quarta – nel ‘500, a Cracovia, nella stanze dello sfarzoso castello reale di Wawel. L’azione della quinta parte si svolge nel basso medioevo ed è solo allora che si risolve il tenebroso enigma, presente in ogni capitolo del romanzo. La lingua è elaborata e avvincente. Vale la pena sottolineare che Claudio Piras ha una grande abilità di adeguare il linguaggio all’epoca che descrive. È un eclettismo che va notato e apprezzato, soprattutto quando si tratta di un autore giovane ma già maturo dal punto di vista letterario. Perché si dovrebbe leggere il romanzo di Claudio Piras? Perché è un buon libro, in cui il puro gusto di scrivere crea un insieme armonioso con intriganti intrecci e una trama ben pensata. Non è un libro banale, come non è banale il suo straordinario protagonista – il Convento Rosso.
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