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Anno edizione: 2019
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«La storia di un uomo accusato ingiustamente è sempre affascinante, ma anche molto attuale» – Roman Polanski
Nel dicembre 1894, a Parigi, il capitano Dreyfus viene condannato alla deportazione a vita: è accusato ingiustamente di tradimento, vittima dell'odio antisemita dei settori più reazionari della borghesia francese. Zola inizia a occuparsi del "caso" nell'inverno 1897 pubblicando la Lettera ai giovani, dove sostiene l'innocenza del capitano. Seguono, nell'arco di un paio d'anni, la Lettera alla Francia, il noto pamphlet J'accuse!, durissima requisitoria contro i responsabili della deportazione, e la Dichiarazione al giurì. Questi quattro documenti straordinari costeranno a Zola un temporaneo esilio consacrando però il suo nome alla storia: perché la sua è la prima, indimenticata battaglia per l'affermazione, allora e in ogni epoca, di una stampa libera.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Di fronte al diniego di giustizia non si sollevano obiezioni, si accusa piuttosto e lo si fa in prima persona. Questa è la lezione ideologica e storica, letteraria e oratoria, retorica e persino religiosa che ci consegna intatta l’Io-che-accusa di Emile Zola. Un consiglio storico che sarebbe bello veder filtrare nel costume della nostra epoca. L’immodestia, il coraggio e la tempestosa trasparenza di un pronome personale ben usato salvarono la Francia dall’ignominia antisemita e il capitano ebreo Alfred Dreyfus dall’inferno dell’Isle du Diable.
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