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Descrizione


Cos'è la morte - la morte di tutti e di ciascuno, la morte di sempre e quella marcata dai segni inquietanti del nostro tempo? Come penetrare in un evento tanto decisivo da incidere in profondo la nostra esistenza eppure tanto opaco da mettere in scacco ogni sapere volto a rappresentarlo? Sono queste le domande, brucianti ed estreme, che alla fine degli anni Cinquanta, a pochi anni dalla più grande apocalisse dell'epoca moderna, si poneva Vladimir Jankélévitch in un libro che giustamente Lévinas ebbe a definire "sconvolgente". Sconvolgente per la radicalità con cui egli decostruisce tutti i dispositivi immunitari elaborati dal sapere occidentale nei confronti dell'Irriducibile; ma anche per l'acutezza di uno sguardo, affilato e obliquo, che taglia in maniera trasversale le grandi interrogazioni sulla morte, all'epoca affrontate da Heidegger e da Freud, da Blanchot e da Foucault, ma già prima da scrittori come Tolstoj e Rilke. All'interno di un grande scenario teorico, che spazia dall'antichità ai nostri giorni, la riflessione jankélévitchiana rivela una sorprendente attualità.
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Dettagli

2009
26 maggio 2009
XXXVI-474 p., Brossura
9788806195366

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GD
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Libro profondo e bellissimo, di non facile lettura non perche' Jankelevitch utilizzi un linguaggio arduo, ma per la proliferazione prodigiosa di immagini evocate in ogni frase, con precisione estrema, fino al punto di dover ricorrere a neologismi per soccorrere la lingua che manca. Scrivere della morte e' impossibile; si scrive attorno alla morte, si scrive del morire. Si racconta oggettivamente di come un uomo si avvia a morire; di come il mondo sapra' richiudersi al di sopra di lui. Si racconta, magistralmente fra l'altro, di come Ivan Ilic sia degradato verso la morte, in fondo senza comprenderlo ed essendone invece sopraffatto, rapito e , inizialmente, quasi offeso. Eppure la morte che ci ghermira' rendera' in qualche modo ragione dei nostri ultimi istanti affannati, sudati, rantolanti, privi di pathos e anzi somma sintesi di ogni nostro spavento e pochezza. La morte dara', per chi sopravvivera', spessore inatteso ai momenti attorno a lei: prima di lei e riguardo lei. In ogni frase di questo libro c'e' un'immagine in piu' che approfondisce non gia' il 'concetto' di morte, che e' statico e dunque sfugge, ma del nostro concentrico gravitare su quel gorgo, una rivendicazione di ricchezza infinita prima che si cessi di sapere (come scrive Jack London in Martin Eden).

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Vladimir Jankélévitch

1903, Bourges

Filosofo ebreo di origine russa naturalizzato francese, ha insegnato alla Sorbona dal 1951 al 1977. La sua opera, tra le piú originali del Novecento, si situa all'incrocio dei linguaggi dell'etica, della musica e dell'antropologia. Fra le principali traduzioni italiane dei suoi lavori, "La musica e l'ineffabile" (1983; 1998), "L'ironia" (1987), "Il Non-so-che e il Quasi-niente" (1987 e 2011), "La morte" (2009), le interviste raccolte da Béatrice Berlowitz in "Da qualche parte nell'incompiuto" (2012) e "Il puro e l'impuro" (2014).Le sue lezioni alla Sorbona conobbero notevole successo, grazie anche al suo carisma. I suoi scritti riprendono sovente lo stile espresso nel corso di queste lezioni; uno stile ricco di divagazioni, di deviazioni poetiche e di sovvertimenti di prospettive...

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