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Questo CD raccoglie alcuni lavori della prima metà degli anni ’60 (precedenti l’esordio discografico di Riley) che ci aiutano a comprendere come questo (allora) giovane compositore sia poi arrivato a scrivere gioielli come "In C" e "A rainbow in curved air". Si parte con “Music for the gift”, in cui Riley si diletta nella “tape manipulation” su registrazioni di un quartetto jazz (capitanato da Chet Baker). Il risultato è qualcosa di estremamente moderno: giocando con loop e ripetizioni, con “taglia e incolla”, Riley riesce a decontestualizzare la sua musica portandola in lidi altri. Si sentono in nuce le tecniche che di lì a poco esploderanno nel mondo della musica contemporanea (il phasing, l’uso del delay, il collage sonoro...), ma si avverte come Riley non si limiti a trovare suoni nuovi o a sperimentare tecniche innovative, ma mantenga chiarissima la rotta di una produzione sonora sempre rigorosamente godibile. Rispetto a Cage (sempre tirato in ballo in questi casi) Riley non si abbandona al caso, ma pilota sempre la sua astronave verso mondi psichedelici, innovativi ma pur sempre godibilissimi. Un brano che nonostante gli anni passati suona ancora freschissimo. Il secondo, “Bird of paradise“, 1965, strutturato in 5 parti, vede Riley unico protagonista nel ruolo di manipolatore e assemblatore di nastri, realizzare una sorta di proto-ambient oscura e molto noise a volte ai limiti del caos, con frequenti interruzioni e ripartenze tese a spezzare il flusso minimal-ripetitivo di fondo. Il risultato è di una bellezza straniante e ipnotica. Il terzo, “Mescalin mix” (1960-1962), utilizza le “tape manipulation”, il piano e 3 voci. Si tratta di una sorta di “soundscape” che mira a disegnare atmosfere più che a un vero e proprio sviluppo musicale, ma con il buongusto e la classe ben nota di Riley. In appendice c’è la registrazione di un happening insieme a LaMonte Young, testimonianza simpatica ma niente più. Un disco che fatto oggi suonerebbe ancora fresco e attuale.
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