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paperback 224 9788807809668 Ottimo (Fine).
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Due fazioni contrapposte sono in lotta per il potere in un'immaginaria città sudamericana. Il protagonista è un uomo in fuga, il perdente dal passato indefinito che tradisce un compagno di partito nel tentativo di mettersi in salvo. Gli dà la caccia il deuteragonista che fa parte della fazione vincente ma, a sua volta, è in balia di un destino avverso nel gioco di potere della sua parte politica. Onetti crea attorno a questi due personaggi torbide atmosfere quasi atemporali, sviluppi ambigui e segnati dal sostanziale fallimento dei vinti come dei vincitori. Con evidenti capacità profetiche l'autore anticipa la realtà futura delle giunte militari sudamericane che tanta violenza e sangue semineranno in quel tormentato continente. La scrittura di Onetti è magnetica, magistrale, coinvolgente. Ricorda la "scuola dello sguardo" per capacità di cogliere i particolari, di definire i luoghi e soprattutto i corpi dei personaggi con dettagli colti quasi al rallentatore nel cupio dissolvi che caratterizza la trama notturna fino all'epilogo di morte che sembra accomunare i due personaggi sui quali si incentra il romanzo.
Racconta di una notte, una sola notte, in cui un uomo tenta di salvarsi la vita con l'imbarco su una nave di profughi politici. l'imbarco è all'alba, ma dovrà attraversare la notte. è ammirabile il modo in cui Onetti riesce a dilatare il tempo del racconto con le angosce private dei protagonisti; si trovano intercalate belle introspezioni e saggi di maestria letteraria. un buon romanzo giovanile di quello che sarebbe diventato un grande scrittore.
Recensioni
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"Io sono un uomo solitario che fuma in un posto qualunque della città; la notte mi circonda, si compie come un rito, gradualmente, e io non ho niente a che vedere con lei". In questa confessione finale del narratore di El pozo, primo romanzo di Juan Carlos Onetti, pubblicato nel 1939 e mai tradotto in italiano, sembra riassunta l'atmosfera che sottende tutti i racconti e i romanzi successivi dello scrittore uruguayano. Come ha osservato Mario Benedetti, suo collega e compatriota, ogni romanzo di Onetti narra il tentativo del protagonista di introdursi in pieno nella vita, e la drammaticità delle sue finzioni deriva proprio dalla reiterata conferma di una sostanziale alienazione: "Il messaggio che ci trasmette con diversi aneddoti e in diversi gradi di realismo indiretto - dice Benedetti - è il fallimento di ogni vincolo, il malinteso globale dell'esistenza, il disincontro dell'essere con il suo destino".
Anche Ossorio, il protagonista di Per questa notte, il terzo romanzo, cronologicamente, nella produzione di Onetti, non si sottrae a questo corpo a corpo con quella che si rivela, fin dall'inizio, un'ineluttabile fatalità. Il luogo dove è ambientata l'azione è una città senza nome, governata dal clima di terrore, brutalità e delazione di una guerra in atto; il tempo in cui si sviluppa è circoscritto a un'unica notte, dall'imbrunire fino alle prime luci dell'alba. Sotto gli auspici di una tragedia che incombe, Ossorio cerca una via di fuga in seguito a una telefonata che gli annuncia la possibilità di abbandonare la città assediata imbarcandosi su una nave clandestina: si tratta solo trovare l'uomo che gli consegnerà un biglietto e un salvacondotto e sembra che costui si trovi in un malfamato locale notturno dal suggestivo nome di First and Last. Così, senza troppi preamboli, viene dato avvio alla narrazione.
Il lettore non sa nulla dei trascorsi di Ossorio, né di chi sia il tale Weiss che gli ha passato l'informazione. Più avanti, alla spicciolata, verrà a sapere che esiste un partito allo sfascio, di cui il protagonista è stato militante, una polizia politica che rastrella la città agli ordini di un certo Morasan, degli ex compagni che il protagonista ha derubato e uno in particolare che tradirà a morte nel tentativo di salvare se stesso. Sono queste le laconiche informazioni che si otterranno su Ossorio al termine del romanzo, ma una cosa è certa: qualunque sia il passato che il lettore ignora, ha determinato la condizione solitaria e abietta del protagonista privandolo di una possibilità di redenzione.
La narrazione, di ispirazione faulkneriana, alterna il susseguirsi delle ore nella circostanza dell'uomo perseguitato, Ossorio, e del persecutore, Morasan, in una notte in cui, letteralmente e metaforicamente, protagonista e deuteragonista vagano nel buio. Ossorio non sa come riconoscere l'uomo che lo può salvare; Morasan, dal canto suo, non ha mai visto Ossorio, che deve arrestare, e lo cerca con l'unico aiuto di un vecchio ritaglio di giornale. A poco a poco i loro ruoli, dai contorni così netti, si sfrangiano: Ossorio, il perseguitato, diventa carnefice nel tradire il compagno Barcalà; Morasan, il carnefice, non solo fallisce nella propria missione, ma è a sua volta ricercato da un organo di polizia superiore. In mezzo a tanta deriva notturna, emerge l'episodio luminoso e centrale dell'incontro fortuito di Ossorio con Victoria Barcalà, figlia adolescente del militante ucciso dalla polizia in seguito alla sua delazione. Per ironia della sorte la ragazza gli viene affidata e Ossorio è costretto a trascinarla con sé nelle ultime ore della latitanza.
La fuga di Ossorio ha qualcosa di onirico: egli avanza come un automa, gravato da continui intoppi, verso la propria meta, pur sapendo segretamente e fin dall'inizio, di non avere scampo: "La notte. - pensò - Un passo dopo l'altro nella notte mi caccerò di proposito nella trappola unicamente perché ho paura di morire solo nella notte". L'angoscia consiste nella consapevolezza che esiste un mezzo per fuggire ma che lui lo avrebbe perso "per colpa di una mancanza del suo cervello", come se si trattasse di "un destino deciso da sempre". Inutile dire che cosa accadrà alla fine: le premesse e il ritmo dolorosamente incalzante della narrazione non possono che richiudersi su un'alba che Ossorio non vedrà compiersi, se non in un bagliore d'incendio con sullo sfondo, a pochi isolati, "la nave bianca violentemente illuminata contro il molo". Ma non importa l'aver rivelato questo dato, perché si tratta di una morte annunciata fin dalle prime pagine. Malgrado gli inganni e i tradimenti - o forse per questo - il protagonista non riesce, infatti, a convincersi della possibilità di fuga ed è proprio per contrastare tale scetticismo che nasce la sua tenerezza occasionale per la ragazzina, una specie di euforia sentimentale, a breve scadenza, che riassume in modo istantaneo e fugace il volto possibile della speranza, o di un futuro, o anche solo di un spiraglio di vita, subito annegato nel buio in cui la trascinerà con sé. Perché Ossorio, come tutti i personaggi di Onetti, è insieme un sognatore e un fallito, un ribelle e un rassegnato.
Il pessimismo viscerale di Onetti, incarnato in personaggi e storie la cui fine è nota, mette in scena un enigma rovesciato che, a partire da un avvenimento irrimediabilmente verificatosi, cerca il "seme del male", la crepa che ne ha costituito l'antecedente. A Onetti sembra non interessare dove va il personaggio, ma da dove viene, salvo lasciare questo mistero irrisolto, come una carta che si tiene nella manica. La tecnica usata dallo scrittore è quella del poeta che costruisce la sua opera a partire da sottintesi, ovvero dando per scontati episodi che solo lui o la sua ombra conoscono. Del resto in questa tecnica il lettore coglie la presenza di uno scrittore che non si dà mai completamente, come se in tale segreto trovasse il magro compenso per l'esasperante mancanza di senso della vita.
Tuttavia, se in Per questa notte il luogo, il tempo, i trascorsi dei protagonisti rimangono indefiniti e affidati a un'ambigua atmosfera di apocalisse, non lo si deve attribuire a una concezione puramente esistenzialista. È chiarificatrice, al riguardo, la precisazione fornita dallo scrittore nel prologo scritto per l'edizione italiana del '74, a vent'anni dalla redazione del romanzo: "Questo libro fu scritto per la necessità, soddisfatta in modo meschino e non compromettente, di partecipare a dolori, angosce ed eroismi altrui. È, perciò, un cinico tentativo di liberazione". Onetti si riferisce agli avvenimenti che, negli anni in cui scrisse il romanzo, devastavano l'Europa. Nella stessa prefazione, lo scrittore accenna, inoltre, a un vero e proprio aneddoto da cui sarebbe partito il suo esercizio di immaginazione: il resoconto di due anarchici giunti a Montevideo su una nave di fortuna noleggiata da un certo "comitato di non intervento contro Hitler". Quello che Onetti allora non sospettava è che la sua finzione si sarebbe trasformata in una dura e appassionata testimonianza del futuro, se è vero che la brutalità e il terrore che aleggiano in questo romanzo ispirato agli avvenimenti del '42 anticipano quelli di una Buenos Aires peronista e poi della "guerra sporca", non meno drammatica e irrespirabile. Del resto, lo stesso Onetti, dopo una vita trascorsa fra Montevideo e Buenos Aires, fu imprigionato dalla giunta militare del suo paese proprio nell'anno in cui questo romanzo usciva in Italia, finendo per esiliarsi a Madrid dove morì nel 1994.
Inutile dire che l'avvio a una ripubblicazione dell'opera narrativa di questo maestro indiscusso del nuovo romanzo latinoamericano, riconosciuto tale dai maggiori scrittori del continente, ci pare un'idea a dir poco luminosa. Trent'anni fa, con grande tempismo e lungimiranza, come accadde anche grazie all'impegno di Enrico Cicogna, primo "importatore" e traduttore dei maggiori scrittori del cosiddetto boom, Feltrinelli (seguito da Editori Riuniti e da Einaudi per altre opere brevi e racconti) aveva pubblicato a ritmo serrato i maggiori romanzi di Onetti, da anni purtroppo irreperibili in libreria. Sono queste le operazioni culturali che fanno bene alla letteratura latinoamericana, ristabilendo nessi e fondamenti, che gli scaltri e mai tramontati esotismi di certi autori di cassetta rischiano ingiustamente di relegare nell'ombra.
Bibliografia in italiano
Raccattacadaveri, trad. di Enrico Cicogna, Feltrinelli, 1969
La vita breve, trad. di Enrico Cicogna, Feltrinelli, 1970
Il cantiere, trad. di Enrico Cicogna, Feltrinelli, 1972
Per questa notte, trad. di Enrico Cicogna, Feltrinelli, 1974
Lasciamo che parli il vento, trad. di Francesco Tarquini, Feltrinelli, 1979
Gli addii, a cura di Dario Puccini, Editori Riuniti, 1979
Triste come lei e altri racconti, a cura di Angelo Morino, Einaudi, 1981
Per una tomba senza nome, a cura di Dario Puccini, Editori Riuniti, 1983
Quando ormai nulla più importa, a cura di Raúl Crisafio, Einaudi, 1994
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