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Il vento della luna
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Il vento della luna - Antonio Muñoz Molina - copertina
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vento della luna

Descrizione


«Per scappare ci sono molti modi, quando si è troppo piccoli per rendersi Indipendenti, resta la fantasia» - Francesco Olivo, TuttoLibri

1969. È l'inizio di una nuova era. L'uomo sta per posare il piede sul suolo lunare. Nella piccola città di Mágina un tredicenne assiste palpitante al viaggio dell'Apollo 11. Anche per lui è epoca di cambiamenti: l'infanzia è finita e l'ingresso nella pubertà è segnato dall'affacciarsi di pulsioni fino a quel momento sconosciute e da una crescente insofferenza per l'educazione cattolica, la vita rurale e il ritmo lento delle stagioni che si ripetono, anno dopo anno, sempre uguali. È un tempo tedioso, così diverso dal tempo delle missiobni spaziali, che non si misura in giorni o settimane, ma in ore, minuti e secondi. Le giornate le passa a leggere libri di astronomia, zoologia e botanica che trova nella biblioteca pubblica, isolato dalla quotidianità familiare fatta di duro lavoro e ricordi bisbigliati sulle atrocità della guerra civile, in una Spagna franchista sospesa tra spinta alla modernità e oppressione. Un'atmosfera pesante a cui il giovane protagonista tenta di sfuggire aggrappandosi a questo traguardo dell'ingegno umano, un sogni di libertà che solo la mente di un ragazzino può concepire.
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Dettagli

2019
11 aprile 2019
292 p., Brossura
9788832970746

Valutazioni e recensioni

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CPACCK
Recensioni: 3/5

Narrando l' attesa di un dodicenne per lo sbarco sulla luna traccia la Spagna del Franchismo e la classe medio bassa della società spagnola. Buoni spunti di riflessione e anche un po' di amarcord.

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Voce della critica

«Con gli occhi chiusi, immagino di essere quell’astronauta. Non vedo stelle, solo un’oscurità in cui nulla esiste, né il vicino o il lontano, né il sopra o il sotto, né il prima o il dopo. Vedo la curvatura immensa della Terra, che splende azzurra e bianca muovendosi lentamente, le spirali delle nubi, il confine d’ombra fra la notte e il giorno. Ma ora non voglio galleggiare nello spazio. Ora chiudo gli occhi e nutro la mia fantasia di dati minuziosi per poter essere anch’io a bordo dell’Apollo 11, nell’istante preciso del lancio.»

1969. L’Apollo 11 è stato lanciato da due ore nello spazio e nel villaggio di Mágina, in Spagna, c’è un ragazzino di tredici anni che da grande vuole fare proprio l’astronauta. Lo sbarco sulla Luna è un momento cruciale, qualcosa in cui crede, che non vuole perdersi, in qualche modo è un sogno che si avvera. Il ragazzino passa i pomeriggi sdraiato nella sua camera, con «Viaggio al centro della terra» aperto fra le mani e tutto intorno, sparpagliate, le riviste trafugate in casa di zia Lola che raccontano dell’impresa spaziale. Il villaggio di Mágina, ai margini del Paese, è ancora addormentato, a vocazione agricola, in cui gli animali si abbeverano, la sera, nella piazza del paese. Mentre l’uomo poserà il suo piede sul suolo lunare, il ragazzino dimenticherà il luogo in cui vive, dettato sempre dagli stessi gesti, da un’immobilità secolare, maturando in lui, quasi inconsapevolmente un imprevedibile cambio di rotta.

Se lo sbarco sulla Luna accade in un periodo di grandi cambiamenti, per il ragazzino questo cambiamento parte prima di tutto dal suo corpo. Abbandonata l’infanzia, l’adolescenza sarà per lui la scoperta della sessualità, del desiderio, della provocazione dei corpi, che si faranno avanti con prepotenza e a lui non resterà che assecondare le sue fantasie, senza aver ancora dimestichezza con le loro conseguenze. Diviso fra il senso di colpa, frutto di un’educazione impartita all’interno di un collegio religioso in cui frequenta la scuola; e l’attrazione che queste fantasie esercitano su di lui: cresce, in quei giorni, una nuova determinazione, quel cambiamento portato dal vento che dalla Luna spira verso la Terra.

 “L’avevamo sempre addosso, la Luna, smisurata: quand’era il plenilunio – notti chiare come di giorno, ma d’una luce color burro – pareva che ci schiacciasse; quand’era lunanuova rotolava per il cielo come un nero ombrello portato dal vento; e a lunacrescente veniva avanti a corna così basse che pareva lì lì per infilzare la cresta di un promontorio e restarci ancorata”, scriveva Italo Calvino ne Le Cosmicomiche e la Luna, nel romanzo di Muñoz Molina, Il vento della luna (292 pagine, 18 euro), tradotto da Maria Nicola per 66thand2nd, è ovunque davvero. È negli occhi di un ragazzino che sogna ad occhi aperti di non vivere in un piccolo villaggio spagnolo, ma di scavalcare quei confini che fino a ieri sembravano invalicabili; è nella vita nei campi, in cui detta le regole con il suo comparire e scomparire; è in quelle prime poche televisioni che raggiungono le case e dalle quali i telegiornali raccontano l’impresa dell’Apollo 11.

«Sulla Luna non si sale. Non esistono alto e basso nello spazio, e la Via Lattea che riluce nel cielo di luglio non è un sentiero misterioso o una nube immobile, e le stelle cadenti che solcano il cielo notturno non sono stelle, ma solo meteoriti provenienti da chissà quali remote regioni del sistema solare che si consumano per l’attrito con l’atmosfera in un fuoco pallido e fugace che non lascia tracce nel buio»

Allo stesso tempo, giorno dopo giorno, ora dopo ora, nella sua stanza, il ragazzino fantastica su ciò che accade nello spazio, lui stesso diventa uno degli astronauti e il fascino di un linguaggio fatto di numeri e di dettagli lo porta a galleggiare nello spazio, di fronte ad una Terra divenuta piccolissima, in cui si affaccerà sul Mare della Tranquillità, proprio quel mare in cui gli astronauti atterreranno.

«Fra quarantacinque minuti interromperà la sua traiettoria circolare intorno al pianeta grazie all’accensione del terzo stadio del razzo che sospingerà la navicella verso la Luna. Nei primi due minuti dopo il lancio, il Saturno V ha raggiunto una velocità di novemila piedi al secondo. Si misurano in piedi al secondo, non in chilometri all’ora, le fantastiche velocità di questo viaggio che non appartiene all’immaginazione o ai romanzi, ma avviene proprio in questo momento, mentre io sudo sul mio letto, nella mia stanza di Mágina.»

Antonio Muñoz Molina conduce il lettore su un doppio binario quello che viaggia indietro nel tempo, in una Spagna di fine anni Sessanta, in cui il franchismo non è ancora finito, in cui le schegge della guerra civile si fanno ancora sentire sotto pelle; e viaggia, ancora, nella modernità custodita da una navicella spaziale che sta per condurci dove mai avremmo pensato prima e che custodirà la nostra capacità di sognare. Il sogno racchiude la scrittura di Antonio Muñoz Molina, che racconta di un vento che giunge dalla Luna, un vento del cambiamento: capace di sovvertire una realtà sempre uguale a se stessa, e di condurre l’immaginazione a mescolare le carte del suo destino.

Recensione di Paola Zoppi

 

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Conosci l'autore

(Úbeda, Jaén, 1956) scrittore spagnolo, creatore di opere e di personaggi che si muovono spesso sullo sfondo della storia spagnola, fra spunti polizieschi e cinema noir. Con Beatus ille, suo primo romanzo (1986), ha creato la città immaginaria di Mágina, luogo in cui ambienterà opere successive (come Il cavaliere polacco, El jinete polaco, 1991, nt) e nel quale getta lo sguardo sulla provincia spagnola. Madrid fa invece da sfondo a opere come Beltenebros (1989, poliziesco che mescola amore, politica e suggestioni cinematografiche) o I misteri di Madrid (Los misterios de Madrid, 1992) e, in parte, nell’Inverno a Lisbona (El invierno en Lisboa, 1987). La grande capacità di costruire complesse trame narrative (spesso «a orologeria») e di mescolare scrittura biografica e proiezione storica, il...

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