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Anno edizione: 2023
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La figura e la storia del giovane sottotenente Sanja Maleskin e dei suoi soldati mi è piaciuta moltissimo, ma in un certo senso mi ha riempito di rabbia, perché non è accettabile che un Autore straordinario come Viktor Kurockin sia praticamente sconosciuto in Occidente.
Recensioni
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Vìktor Kùročkin (1923-1976) ebbe una vita parecchio travagliata e un riconoscimento tardivo in patria. Questo bellissimo racconto lungo, pubblicato per la prima volta su rivista nel 1965, gli diede la fama malgrado la tiepida accoglienza della critica. Alla fine del dicembre 1943, il comandante di carro armato leggero Sànja Malèkin si trova a tallonare i tedeschi nella regione a nord-ovest di Kiev. L'esercito nazista è in ritirata ma oppone una strenua resistenza, impegnando i russi in combattimenti durissimi. L'azione si svolge in tre giorni durante i quali seguiamo minuto per minuto la faticosa avanzata di Malèkin, giovane, impulsivo e timido, un antieroe capace di atti di grande coraggio di cui non si rende nemmeno conto, i suoi rapporti con i commilitoni, la ricerca di calore e cibo nei villaggi, le sigarette fumate per confortarsi e la sollecita cura per il carro armato che è casa e sicurezza. Tutto è visto attraverso i suoi occhi e la sua paura di non essere all'altezza, i suoi repentini innamoramenti, l'ingenua felicità quando infine si trova a combattere e il caso fa di lui un eroe di breve durata. Ogni personaggio che attraversa la sua strada, &Stilde;čerbàk il guidatore fifone, Domèek il puntatore ebreo intellettuale e sempre pronto a raccontare barzellette, Bjànkin il caricatore ruvido e fidato, le donne generosamente ospitali o ostili, i superiori giusti e quelli spregevoli, il soldatino Gromýchalo dal cappotto più grosso di lui, incarna un tipo, e per quanto fugace vive di vita propria. La verità del racconto, che non scava ma rappresenta, è totale, l'immediatezza coinvolgente, nel tempo dilatato che precede il combattimento nessuno si interroga su quello che sta facendo, può solo cercare di fare al meglio il proprio dovere.
Consolata Lanza
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