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Anno edizione: 1998
Anno edizione: 2015
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Se sotto la voce "amore" si può scrivere di tutto, allora ok, va bene così, continuiamo così a farci del male...
I racconti di "Amore" sono originale e ironici, a volte drammaticamente reali nella loro apparente follia. La costruzione è abile e sofisticata, qualche "trauma emotivo" durante la lettura (la chiusura dell'ultimo racconto, per esempio) garantisce che il libro venga ricordato. Molto bello.
La raccolta "amore" è composta da 8 racconti macchinosi e celebrali che confermano un vecchio sospetto: Scarpa non è un narratore, ma piuttosto un saggista/polemista che si occupa di narrativa. In particolare tre racconti (effundente corde, madrigale, la straordinaria storia di samuel konigsberg) sono assurdi e macchinosi, pieni di contorsioni mentali, di digressioni meta-narrative. Meglio, invece, il racconto "L'annientatore", ispirato e leggibile a differenza degli altri. Qui e là (come nel racconto "cose che mi passano per la testa") spiccano alcune volgarità da film di Carlo Vanzina che l'autore non lesina mai e che andrebbero cassate da un editing più pignolo...
Recensioni
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recensione di Cerasi, E., L'Indice 1998, n.10
Tiziano Scarpa ha pubblicato, presso Einaudi, il suo secondo libro dopo il fortunato "Occhi sulla Graticola" (Einaudi, 1996; cfr. "L'Indice", 1996, n. 2). Si tratta di una raccolta di otto racconti, abbastanza brevi, assimilati, oltre che dallo stile dell'autore, sempre molto consapevole dei mezzi espressivi della lingua italiana, dal tema dell'amore. Tuttavia, già dal corredo grafico del titolo, il simbolo commerciale posto a fianco della parola "amore", traluce l'intenzione di stonare il tema.
La mercificazione dell'amore, dunque, come condizione ipermoderna di una società occidentale privata anche delle caratteristiche minime di umanità. Il confronto con una condizione sociale che con una terminologia assai in disuso si sarebbe appellata "barbarie", a voler procedere deduttivamente, lascerebbe spazio solo all'alternativa tra ironia e critica - o a entrambe assieme. Più utile può essere la categoria della" presenza". Va precisato, però, che si tratta di una presenza connotata sempre più in termini corporali: e di una corporeità intenta a contrapporsi al linguaggio, accusato di complicità con l'attuale, pervasiva mercificazione. Non è l'amore, dunque, a essere inautentico, ma le parole, il linguaggio che ne parla.
Sembra strano, tutto ciò, applicato a uno scrittore che si distingue soprattutto per la dedizione quasi artigianale alla limatura della parola, ma questa ci sembra davvero la cifra di un racconto come "Effundente corde", confessione ironica e commossa, appunto, della scoperta dell'amore da parte di un "neo papa". Il papa, sopravvissuto a una frana durante una gita in montagna, viene salvato da due improbabili umanoidi e, mezzo morto, viene curato con una dedizione "animale" - senza, cioè, alcuna mediazione linguistica, culturale. "Eravamo spesso nudi nelle loro mani. Ci stavamo abituando a non vergognarci di quello che eravamo (...) Abbiamo imparato ad affidarci, a essere puro peso nelle loro braccia".
Questa contrapposizione tra il corpo visto come possibilità di una presenza ancora autentica e una dimensione linguistica ormai compromessa è ancora più esplicita nell'ultimo racconto del libro, "Preparativi per un concorso di dattilografia indetto dal Ministero di Grazia e Giustizia." Il protagonista, in questo caso, è un ragazzo che, al termine di una serie di disavventure non sempre rilevanti, studiando un manuale di preparazione al concorso per dattilografi scopre che la redattrice tuttofare della casa editrice presso cui il manuale è stato stampato è la sua ex fidanzata. Il loro incontro non dà luogo a una scena d'amore, anzi - e tuttavia non si può negare che abbia i toni dell'autenticità, soprattutto in relazione a quanto gli era occorso prima. In questa precaria situazione d'amore, mentre lei se ne sta andando, affiorano al linguaggio di lui queste emblematiche parole: "Ho pensato a un corpo completamente nuovo, senza nemmeno un nome, un corpo profumato di carne e di pelle, depurato da tutte le parole dell'universo, inattaccabile". È questa, a nostro avviso, la vocazione tragica, radicalmente moderna della scrittura di Scarpa.
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