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Anno edizione: 2011
Anno edizione: 2016
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Una riuscita metafora sulla depressione. Le vicende umane di Winston Churchill, di una bibliotecaria e delle loro rispettive famiglie si incrociano alla vigilia delle dimissioni del celebre politico e statista inglese. In esse la presenza di un cane nero, un vero cane, visibile solo agli occhi degli interessati segnala la presenza di una sindrome depressiva. L'uso del registro comico e grottesco, uno stile narrativo semplice ma raffinato, la sapiente calibratura della trama fanno di questo romanzo un piccolo capolavoro, capace di divertire, appassionare e commuovere il lettore. Un'altra prova che a scrivere di sentimenti e nello scavo psicologico dei personaggi, oggi, le donne scrittrici sono del tutto impareggiabili.
Mi aveva molto intrigato la trama del libro: un tema scottante e scomodo, come la depressione, trattato un modo particolare. La prima parte è scorrevole, ma poi non sono riuscita a finirlo. La storia è troppo lenta, eccessivamente statica. Il clima è grigio. Onestamente non ci ho visto molto umorismo ( a parte la trovata del cane nero, come metafora della depressione).
Il tema è scottante:la depressione psichica!Wiston Churchill alla fine del suo mandato,sua figlia Diana..e il cane nero!Il cane nero si appoggia al torace invade,consuma,opprime,svuota con la sua presenza crudele,l'ironia dissacrante dei suoi commenti che sviliscono come una seconda coscienza malevola!La dipendenza che produce è quasi un amore totale che solo l'amore vero,la pazienza di Clementina moglie di Churchill,e la volontà di quest'ultimo ,il raccogliersi in "forze " potrà liberarlo dal cane nero...Quasi una metafora , un manuale anglosassone di sopravvivenza
Recensioni
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"Il signor Chartwell la superò sfiorandole il braccio con il pelo, si spostò dall'ingresso alla cucina e lì si fermò, le orecchie ritte. Rimase ad aspettare, da solo. Esther si era fermata invano sulla porta di ingresso. Una reazione da manuale, prevista. Lui stette in ascolto. Il rumore di un piccolo passo. Bene, lo stava seguendo in cucina. Eccola arrivare, anche se ci stava mettendo un'eternità: mentre si avvicinava, le sarebbe sbocciato un mal di testa da adrenalina, sì, ne sentiva l'odore."
Cinque giorni di fine luglio, nel 1964, cambiano la vita di Eshter Hammerhans, giovane bibliotecaria della Camera dei Comuni. Esther da due anni, trascina i suoi giorni nel ricordo doloroso del marito Michael, morto suicida. In uno di questi vuoti giorni apre la porta della sua villetta a un inquilino sgradevole, dall’aspetto terrificante, un gigantesco cane nero, alto due metri, che cammina sulle zampe posteriori e sa parlare. Puzzolente, rumoroso, invadente, una finestra aperta sull’orrido, il cane nero affitta una stanza nella villetta di Esther.
Mr. Chartwell, questo è il suo nome, è conscio del suo potere, del suo fascino, del suo carisma. Ed Esther permette a questa strana presenza di entrare nella sua vita. Mr. Chartwell è un libero professionista, fornisce specifiche prestazioni, per periodi variabili, a specifici individui che egli definisce suoi clienti. Uno di questi clienti è Winston Churchill, ex primo ministro inglese a un passo dalla pensione, la fine di una gloriosa carriera che il politico non riesce ad accettare.
Il “cane nero” era proprio la metafora con cui Winston Churchill indicava la depressione (forse mutuata da Samuel Johnson), male di cui soffriva. La personificazione della depressione permette a Rebecca Hunt di tradurre le emozioni in dialoghi. Grazie a un cane nero, mastodontico, nerboruto, la scrittrice Rebecca Hunt trova le chiavi d’accesso per conoscere i pensieri più intimi dei suoi personaggi. Il cane nero (figura del folklore inglese) non è un’entità separata, indipendente, un concetto astratto, ma è un predatore determinato. Racchiude nel suo nome la fedeltà (cane) e l’aggressività (nero). Sono proprio i dialoghi e le situazioni surreali che sorgono tra il colosso a quattro zampe e le sue prede, le carte vincenti del romanzo.
Un esempio di realismo magico, comico e tragico allo stesso tempo: Winston Churchill a colloquio con il cane nero mentre fa l’ennesimo bagno della giornata (soffriva di rupofobia), Eshter che prepara al cane nero un gin tonic dentro un annaffiatoio o si intrattiene con lui per un barbecue serale a base di folaghe. Il cane nero si lava i denti, beve birra, mangia formaggi, vuole essere un conversatore brillante. È la depressione consolatoria, immobile a bordo del letto, possessiva, che non lascia spazio a niente e a nessuno. È la depressione di cui ti vergogni e di cui non vuoi parlare per non risultare ridicolo agli altri (solo i suoi clienti possono vedere il cane nero).
Ma il romanzo della Hunt racchiude un messaggio di speranza e un invito alla battaglia. A tenere duro, per utilizzare proprio uno slogan di Winston Churchill. E sarà proprio Churchill, che rivive concretamente e storicamente nelle pagine, a tramandare la saggezza maturata dalla sua personale lotta con Mr. Chartwell. Aiuterà Esther a superare il lutto per la perdita del marito.
La scrittura di Rebecca Hunt è formidabile ed eccentrica al tempo stesso. Come quando per annunciare un tramonto scrive, ”La luce disegnava un paio di calzoncini da tennis sulla parete della stanza.” Scrittura sartoriale in alcuni momenti, da abito su misura senza difetto, scrittura surreale in certi altri. Afferra l'intenzione neanche tanto segreta che il lettore nutre dentro di sé da quando ha preso a sfogliare Il cane nero: essere sorpreso e di conseguenza conquistato da questa insolita storia.
A cura di Wuz.it
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