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Ricordo poco o niente del suo acclamato "La solitudine dei numeri primi" ma questo romanzo, ancora così attuale dopo quasi 10 anni, mi è piaciuto molto! Ho apprezzato il modo che ha Giordano di tratteggiare i personaggi senza fare sconti, con crudezza... È quello che mi ha fatto sentire il racconto del plotone in missione in Afghanistan più reale e più vicino a me, è quello che mi ha fatto sentire che la guerra è di pochi, in prima linea, ma riguarda tutti. È sempre quello che mi ha fatto chiedere per la prima volta che cosa vuol dire essere soldato, sia per chi parte sia perché sta a casa ad aspettare. Consiglio.
La lettura del libro scorre velocemente, Giordano usa parole e dialoghi semplici e lineari. I personaggi sono tutti facilmente immaginabili, nonostante l'autore non ci fornisca descrizioni dettagliate dei loro caratteri, e sono anche abbastanza stereotipati. Nonostante ciò, la vita in una caserma militare me la immagino in un modo molto vicino in cui ce la racconta Giordano: piena di ragazzi che per sopravvivere alla morte che gli aleggia attorno, assumono di continuo comportamenti che non ti aspetti da un soldato. Quello che ho apprezzato di questo libro è il modo in cui ognuno di loro combatte contro una guerra personalissima. Il modo in cui le vite di alcuni di loro si intrecciano inevitabilmente senza che loro se ne accorgano.
A me è piaciuto tantissimo, ma l'ho regalato e la persona che l'ha ricevuto, una buona lettrice, non è riuscita a finirlo. E' proprio vero che la lettura e qualcosa di personalissimo. A me i personaggi sono piaciuti proprio tanto. Darei un 10 anche a questa seconda prova di Giordano
Recensioni
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Cos’è una famiglia? Perché scoppia una guerra? Come si diventa un soldato? Il nuovo romanzo dell’autore de La solitudine dei numeri primi.
È un plotone di giovani ragazzi quello comandato dal maresciallo Antonio René. L’ultimo arrivato, il caporalmaggiore Roberto Ietri, ha appena vent’anni e si sente inesperto in tutto. Per lui, come per molti altri, la missione in Afghanistan è la prima grande prova della vita.
Al momento di partire, i protagonisti non sanno ancora che il luogo a cui verranno destinati è uno dei più pericolosi di tutta l’area del conflitto: la forward operating base (fob) Ice, nel distretto del Gulistan, “un recinto di sabbia esposto alle avversità”, dove non c’è niente, soltanto polvere, dove la luce del giorno è così forte da provocare la congiuntivite e la notte non si possono accendere le luci per non attirare i colpi di mortaio.
Ad attenderli laggiù, c’è il tenente medico Alessandro Egitto. È rimasto in Afghanistan, all’interno di quella precaria “bolla di sicurezza”, di sua volontà, per sfuggire a una situazione privata che considera più pericolosa della guerra combattuta con le armi da fuoco.
Sfiniti dal caldo, dalla noia e dal timore per una minaccia che appare ogni giorno più irreale, i soldati ricostruiscono dentro la fob la vita che conoscono, approfondiscono le amicizie e i contrasti fra loro, cercano distrazioni di ogni tipo e si lasciano andare a pericolosi scherzi camerateschi. Soltanto la notte, sdraiati sulle brande, vengono sorpresi dai ricordi. Nel silenzio assoluto, che è silenzio della civiltà ma anche della natura, riescono a sentire la pulsazione del proprio cuore, il ronzio degli altri organi interni – l’attività incessante del corpo umano.
L’occasione in cui saranno costretti a addentrarsi in territorio nemico sarà anche quella in cui ognuno, all’improvviso, dovrà fare i conti con ciò che ha lasciato in sospeso in Italia. Al loro ritorno, avranno sorpassato irreversibilmente la linea che separa la giovinezza dall’età adulta.
In un romanzo corale, che alterna spensieratezza e dramma, Giordano delinea con precisione i contorni delle “nuove guerre”. E, nel farlo, ci svela l’esistenza di altri conflitti, ancora più sfuggenti ma non meno insidiosi: quelli familiari, quelli affettivi e quelli sanguinosi e interminabili contro se stessi.
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