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Z. Bauman, grande esegeta delle mutazioni sociali, riconosce nel demone della paura il più potente alleato del potere identificato ora nel neoliberismo. L'apertura di una società, se prima era stimolata dalla capacità di essere artefice del proprio destino, con la globalizzazione negativa diventa ineluttabile fatalità. Così popolazioni atterrite dalla propria incapacità di difesa, ossessionate dal bisogno di sicurezza vagano, costruendo barriere che le isolano in gabbie serrate. L'individualismo diffuso ha reso fragili i legami umani, svilito la solidarietà e questo ha consegnato al sistema globale i mezzi di cui le società avrebbero avuto bisogno per contrastare i diversi aspetti della paura. Quel veleno, prosegue Bauman, penetrò nelle società moderne attraverso la deregulation dei mercati e aprì la strada all'ingiustizia, annullando i baluardi difensivi di una società civile. Alleata del neoliberismo la paura fu capitalizzata anche nella lotta contro la violenza terrorista. Il terrorismo, teso a minare le democrazie e il rispetto dei diritti umani, fece il gioco di chi lo combatteva e gli permise di attestarsi come baluardo di valori, mentre in modo latente i difensori della civiltà spostavano le fondamenta dell'autorità lontano da assetti democratici. Una paura indistinta costringe all'autodifesa e fa percepire il progresso come foriero di crisi e di affanni continui. Così la preoccupazione cardine per i cittadini diventa il tentativo di ridurre la gamma dei rischi cui siano esposti in un tempo d'insicurezza diffusa. Uscire dall'incertezza paralizzante per Bauman è possibile, purché si ripercorra a ritroso il cammino che portò in passato ad acquisire i diritti personali, sociali e politici e che trasformò i sudditi di sovrani bizzosi in cittadini padroni del loro destino. In un mondo globalizzato fondato su disuguaglianze funzionali, la lotta per ristabilire regole certe deve essere globale come la coscienza di arrivare insieme alla salvezza.
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