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Per sforzarsi di entrare in un'asola di commento su questo prodigioso lavoro, possono valere da sole le parole che lo stesso Wind ci offre nelle conclusioni, quando riflette sul metodo adottato per addentrarsi nelle spirali specifiche del suo studio: "Ci sono quelli che nelle loro indagini partono dal luogo comune, e altri che partono dall'eccezionalità. Ma mentre il luogo comune può essere compreso come una riduzione dell'eccezionale, l'eccezionale non può, invece, essere compreso dilatando il luogo comune. Sia logicamente, sia causalmente, l'elemento decisivo è l'eccezionale, perché esso introduce (per quanto strano possa sembrare) la categoria più ampia". Niente di più potente ed esaltato se ci fermassimo qui, ma l'autore non esita umilmente a calare l'asso della modestia e si scusa coi lettori aggiungendo che tutto il libro "è consacrato a una palese eccentricità". Pensare a questa chiusa dopo aver attraversato alture e limiti di una complessità tanto fascinosa è davvero la più franca delle ammissioni. E chi affronterà queste pagine col dovuto rispetto analitico che esse meritano non potrà che comprendere le parole di Wind. Muoversi allora fra le sottili concordanze degli opposti, nel gioco delle magiche e misteriose triadi delle Grazie esaminate con occhio unico, fra i divertiti e proteici inganni degli dei, fino a giungere all'invisibilità dell'Uno "sicché le sue manifestazioni visibili devono essere multiformi. Metafore essenziali adeguate al dio ineffabile". Ecco dove il mistero trafigge ogni logica parlando il linguaggio dell'essenza, del simbolo, di echi platonici ripresi in pieno Cinquecento e ancor prima nell'orfico soffio che lega alterità e identità, stabilità e trascendenza, gli opposti a fondersi e a smentire da soli la vana presa di un senso veritiero. Adagiarsi quindi a ossimori sicuri, "festina lente", o "serio ludere", tanta è la magnificenza che adombra le folli rincorse alla chiarezza e insieme le fissa come l'unico approdo. Libro sbalorditivo.
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