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"Noi non vediamo né molto lontano né molto indietro. Quand'anche tutto quello che riguardo al passato è pervenuto fino a noi fosse vero e fosse conosciuto da qualcuno, sarebbe meno che niente in confronto a quello che è ignorato". Bernardi apre il suo libro citando questa malinconica sentenza di Montaigne, ma accetta coraggiosamente la sfida, presentandoci da interprete e investigatore una rievocazione della vita di Firenze nei decenni centrali del Seicento: gli anni del granduca Ferdinando II e della galileiana Accademia del Cimento. Punto di partenza e d'arrivo è la figura complessa di Francesco Redi, "scienziato e cortigiano, medico e letterato", uno degli ultimi "ingegni veramente enciclopedici della cultura italiana". Ma intorno a Redi si muove un variegato ambiente di cortigiani e diplomatici, viaggiatori e matematici, in un intreccio vertiginoso di ambizione e rivalità, falsificazione e violenza, omosessualità e pederastia. Bernardi ricostruisce con esemplare chiarezza questo labirinto e ne illumina gli aspetti più nascosti, insistendo particolarmente sui costumi sessuali e sul loro "ruolo tutt'altro che marginale nello sviluppo degli eventi". Al centro della tela, insieme a Redi, ma sul versante mondano e non scientifico, campeggia il nobile (finora sconosciuto) Bruno della Molara: giovane paggio amante del granduca e per alcuni anni "eminenza grigia di Palazzo Pitti", curioso di matematica e astronomia, in stretti e spesso difficili rapporti con l'Accademia del Cimento. Si svolge così davanti ai nostri occhi un'affascinante rappresentazione, una "commedia umana" fatta di "intrighi" e "battaglie ideali per la verità", di amori, tradimenti e vendette: squarcio di vita vissuta che emerge dall'oblio, contraddicendo vittoriosamente, in nome della storia, l'"ineffabilità del tempo e degli eventi umani".
Rinaldo Rinaldi
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