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Il titolo può trarre in inganno, ma state tranquilli che questi racconti non sono bagatelle, bensì piacevoli incursioni nel quotidiano che, arricchito da una buona dose di creatività, finisce con l’apparire degno di considerazione, a volte divertendo e altre inducendo alla riflessione. Non è la prima volta che un editore invade il campo degli autori, ma Marino Solfanelli sembra che abbia voluto, più che altro, aprirsi agli altri attraverso storie, per lo più brevi, desunte da osservazioni guidate dall’occhio esperto e attento del giornalista. Si passa così dal surreale “Furto al supermercato”, una satira graffiante del paradigma giudiziario, che si riconferma in “Il processo” con protagonista un avvocato di manzoniana memoria, all’aneddoto, come in “Il comizio”, per confluire maestosamente nel didascalico “In cerca dell’amore”, passando attraverso l’amara constatazione di “Il creditore del terzo giorno” e il brevissimo, ma intenso “L’uomo dalle stampelle”. E’ un microcosmo di personaggi, di situazioni, di vita di ogni giorno che emerge alla ribalta impreziosito dalla creatività dell’autore e dal garbo, peraltro colloquiale, dell’esposizione. Sono tutti racconti che si leggono alla svelta e con piacere, ma non crediate che servano solo a trascorrere un paio d’ore, magari mentre si viaggia in treno. Infatti, arrivati all’ultima pagina, dopo aver scorso un brano un po’ fuori dal coro, un’esperienza certamente di vita vissuta, quale quella di “La città verboten”, un quadro realistico e allucinante di ciò che ci capita pressoché ogni giorno, asfissiati dallo smog, incolonnati nelle nostre scatole di latta in gironi quasi danteschi, è d’obbligo tirare le somme, ripensando alla lettura fatta, a certe osservazioni, ad alcuni personaggi, e solo allora ci si accorge che è rimasto dentro qualche cosa, che non è stato solo svago e che in fondo Marino Solfanelli è riuscito a comunicare con noi. No, credetemi, non sono proprio racconti del cavolo, ma ben altro.
Nella forma del racconto la letteratura italiana ha da sempre trovato il modulo più congeniale per attuare, grazie all’icasticità e alla brevità della vicenda narrata, un intento volta a volta polemico, ammonitore, comico, o anche per dipingere un piccolo quadro dalle tinte fortemente allusive, che sembra rimandare ad un messaggio la cui forza cogente verrebbe di necessità sbiadita da una maggiore complessità e distensione del narrare. A questa esigenza non è riuscito a sottrarsi nemmeno Marino Solfanelli, poliedrica figura di giornalista, poeta e scrittore abruzzese, che con questa sua raccolta di racconti sembra quasi voler saggiare tutte le possibilità, recondite o meno, di tale genere letterario. In un linguaggio volutamente colloquiale e paratattico, poco incline alle diffuse aggettivazioni e ai preziosismi linguistici, Marino Solfanelli sbozza con mano sicura piccole vicende quotidiane, ora comiche, ora dolorose, venate di satira o di rimpianto, o additanti persino un diverso e più autentico modo di concepire i sentimenti umani.
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