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Scelto da IBS per la Libreria ideale perché leggere i grandi autori internazionali vuol dire aprire gli occhi sul mondo. Un romanzo epico nel quale le microstorie dei personaggi si srotolano insieme alla grande storia della Cina, tanto che viene da chiedersi chi sia il vero protagonista: gli uomini o la Cina? E poi la domanda è inutile, perché sono la stessa cosa.
«"Sorgo rosso" è il grande armadio della nostra infanzia. È lì che troviamo tutte le parole e i giochi e le cose spaventose della vita» – Acheng
La storia epica, grandiosa di questo capolavoro della letteratura cinese contemporanea, si staglia sullo sfondo degli sconfinati campi di sorgo «che in autunno scintillano come un mare di sangue». Dal banditismo degli anni Venti, alla cruenta invasione giapponese degli anni Trenta e Quaranta, fino al periodo che precedette la Rivoluzione culturale, Sorgo rosso racconta le avventure e gli amori del bandito Yu Zhan'ao e della sua famiglia, in un affresco che ritrae un intero popolo, tutto un Paese. Un Paese dalle campagne brulicanti di anime sperdute - contadini, soldati, monaci buddisti, maghi taoisti - in cui «un vento maschio spazza una terra femmina» e il sangue versato è «morbido e liscio come piume d'uccelli».
Indice
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Il libro è dato dall’unione di 5 romanzi, ognuno suddiviso in capitoli, e per la precisione e completezza intitolati, rispettivamente, Sorgo rosso, Vino di sorgo, Le vie dei cani, Il funerale del sorgo e Pelli di cane. Sebbene non mi piaccia fornire anticipazioni della trama, è tuttavia indispensabile che fornisca alcuni brevi cenni per comprendere di che si tratta. Si parla dell’epopea, quasi una saga, di una famiglia di produttori di vino di sorgo in un arco di tempo del secolo scorso che va dal banditismo degli anni Venti alla tremenda invasione giapponese degli anni Trenta e Quaranta per arrivare grosso modo al periodo immediatamente prima della Rivoluzioni culturale. C’è un narratore, che è l’ultimo discendente di questa famiglia, e che racconta le vicende, vere e proprie gesta, dei suoi nonni e dei suoi genitori. Ogni tanto torna indietro nel tempo, in genere con abilità, cioè senza ingenerare fastidio, ma qualche volta l’autore si è lasciato prendere la mano e allora diventa difficile fare i necessari raccordi. Comunque è scritto in modo magnifico, alternando sapientemente, a pagine di notevole violenza, altre in cui la natura provvede a portare in chi legge un profondo senso di serenità. In particolare ho trovato una notevole capacità nel descrivere scene di battaglia, quasi come se davanti ai nostri occhi scorresse un film, ma dove si supera Mo Yan è proprio nella descrizione della natura, tanto che i campi di sorgo rosso che ondeggiano al vento, le acque del fiume che scorrono vicino e i tramonti che paiono pennellate sapienti di un pittore espressionista finiscono con il diventare un palcoscenico atto a smorzare gli orrori dei combattimenti, fanno vibrare il cuore del lettore, che, impietrito dalla follia sanguinaria degli uomini, ritrova il sentiero che lo riconduce a una vita più tranquilla, nella consapevolezza che noi non siamo altro che ignari attori di quella grande commedia che è la vita. E’ un capolavoro.
Questo libro rappresenta un'epica, un mastodontico scrigno di meraviglia letteraria. L'utilizzo da parte dell'autore di continui salti temporali aggrovigliano la linearità della narrazione, conferendole un tocco di mistero che si svela di pari passo all'occulto splendore scarlatto che contiene. Definirei quest'opera come un monumento di "naturalismo magico": in essa, il sorgo è personaggio, assume sfaccettature di umanità, animalità e misticismo. Il sangue scorre in abbondanza, violenta fiumana che avvolge Terra, Cielo e Umanità per intero tra le sue fauci, ma anche fertilizzante per un suolo pronto a nuovo rigoglio, a un cambiamento. Il Sorgo Rosso è il personaggio-guida, il personaggio-eroe, anche, a tratti, il personaggio-antieroe del romanzo, un vortice di emozioni sconvolge e ribalta continuamente il significato degli eventi. Da personaggio identitario della regione di Gaomi, il sorgo assume aspetto ostile e macabro quando, durante le incursioni nipponiche in Cina, si tinge del colore del sangue dei suoi indigeni, per poi tornare a essere porto sicuro, rifugio per i soldati cinesi che attendono di sferrare il loro colpo mortale contro gli invasori. Dagli anni Venti, fino alla fase prodromica alla Rivoluzione Culturale, "Sorgo Rosso" è un affresco che attinge alla fonte della cultura e della letteratura millenaria cinese, con il suo folklore sanguigno e costellato di spiriti e divinità, superstizioni e tradizioni culinarie, restituendo con enorme innovazione la saggezza di un popolo frammentato, contraddittorio e immenso come quello cinese. Una perla di una bellezza inestimabile, dai riflessi vermigli e in cui le scene di violenza intollerabile non mancano, sublime fino a essere quasi insopportabile e verosimilmente grottesco nella sua immensità.
In Mo Yan non c’è il facile accostamento che crea lo straniamento al colpo d’occhio. In Mo Yan è il sangue a essere leggiadro anche se cavato con le pugnalate e le mitragliate, è la violenza a mostrare la fragilità che la muove, è la volgarità la poesia più bella per chi le sa assegnare le parole adatte: “Il piscio, battendo contro le pareti del secchio, produceva un suono simile a quello delle perle che cadono in un piatto di giada.” Ci sono le trame tessute in tutti i versi, i personaggi dalle cento vite, c’è lo stile, e c’è una generosità di immagini verbali che lascia stremati come dopo le ore dell’amare più leggero e sfrenato e che lascia nel petto “(...) la gioia delle fenici nel campo di sorgo (...)”. La Gaomi di Mo Yan è una capitale della letteratura capitale.
Recensioni
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