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Anno edizione: 2020
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Una riflessione su come cambia il ruolo dei classici nella vita quotidiana attraverso sei storie che conquistano e fanno riflettere firmate da alcuni tra i grandi autori del momento.
«Imbalsamare i greci e i romani li ha privati della loro forza, cioè della loro conflittuale modernità» - dall’Introduzione di Luciano Canfora
«Odio i classici. Sono un orrore, un incubo. Tanto per cominciare, chi sarebbero questi classici? Avevo sempre pensato che fossero gli scrittori, i filosofi e gli scultori vissuti in Grecia e a Roma tantissimi anni fa. E invece no, un bel giorno ho fatto la scoperta che sono ritenuti classici anche autori come Dante, Balzac, Kant e pittori come Velázquez e Michelangelo. Tutta gente vissuta un mucchio di tempo dopo i classici veri, quelli con la toga, il barbone e i sandali di cuoio, per intenderci. Come sarebbe? Quello che non è classico, non dovrebbe essere moderno? Sembra di no. Dicono sia classico tutto quello che è successo nella cultura molto tempo fa ma che funziona ancora oggi come una specie di guida, per indicarci la strada. Però non mi convince neanche questo». A.G.B.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Nessun libro risolve la vita, nessun libro la svela per intero. Ma tantissimi riescono a corteggiarla e a strapparle di dosso un lembo di verità facendone morale, conquista, somma costruzione di spirito. L'ordine, o quell'incerto qualcosa che fuori e dentro scandisce ciò che ci sfiora, non basta mai a comporre la realtà in cui siamo gettati o a inquadrarla in schemi definiti. Troppi fattori slittano e contagiano sempre (economici, sociali, politici, religiosi), e troppe instabilità personali (affanni frequenti, rincorse emotive, cadute, delusioni) si agitano sul suolo dell'esperienza cercando come possono chiavi che aprano nuove porte. Si instilla allora una sete di sovversione, una chiamata d'ascesa, un lievito interiore che almeno negli animi curiosi e sensibili può diventare una maternità seconda, un soffio d'Altrove che, se certo non placa, può quanto meno offrire conferma a quel conflitto fra l'essere e il sentire, fra il tempo e il dilemma, eterne questioni che imprigionano. L'idea di un rifugio di dentro nel quale alleati non più fittizi, ma nostri stessi allunghi, divengano cura e sollievo contro quel sottile malessere. Un "classico" ce la può fare perché sventra e scava oltre le cortine di vani calendari, fissa in volto la lotta fra gli uomini, la potenza o l'errore di una scelta, il cielo intatto di una gioia, e crolli, insidie, sentimenti. Non si esce mai indenni da incontri siffatti, perché in essi una parte di noi si solleva in una totalità quasi afferrata, viva, complessa. La luce dei contrari oscilla e mostra insieme, commuove e strazia. Perchè nei classici "un loro fattore salvifico è la reciproca conflittualità unita alla loro costante attenzione al lato insolubile dei problemi veri dell'esistenza (la migliore forma di politica per fare un esempio) o della psicologia individuale (la tolleranza e l'accettazione dello "straniero" nell'accezione più vasta di tale termine). Essi li hanno messi spesso in scena, quei problemi". Libro necessario.
Una piacevole raccolta di 6 brani sull’importanza dei classici ieri come oggi. In particolare, ho apprezzato i racconti ‘La maledizione dei classici’, ‘Il sonno di Ulisse’, ‘Congedo’. Gradevole anche ‘La doppia cittadinanza e il futuro dei classici’, tuttavia sono più ottimista dell’autore. Mentre, ho trovato discutibile ‘La prevalenza del bonghista’ e confuso ‘L’avarizia’. Ottima, come sempre, l’edizione cartacea Sellerio.
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