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Vivere con i libri. Un'elegia e dieci digressioni
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Vivere con i libri. Un'elegia e dieci digressioni - Alberto Manguel - copertina
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Vivere con i libri. Un'elegia e dieci digressioni

Descrizione


I libri che abbiamo letto e conservato, quelli che abbiamo accumulato, quelli che teniamo sempre con noi anche se non li abbiamo mai aperti: una biblioteca è capace di raccontare una vita a volte meglio di qualsiasi biografia.

«Manguel ha tracciato una cartografia dell’eros della lettura. È il Don Giovanni delle biblioteche» - The Guardian

Alberto Manguel ha scritto un'elegia struggente ma non nostalgica, dolce ma non rassegnata sul nostro amore per i libri. E su come essi siano, insieme alle librerie e alle biblioteche pubbliche, la base del vivere civile. «Manguel ha tracciato una cartografia dell'eros della lettura. È il Don Giovanni delle biblioteche». «Uno scrittore scrive quello che può, un lettore legge quello che vuole», disse una volta Jorge Luis Borges. Intendeva che il lettore gode di una libertà che allo scrittore è preclusa: libertà di immaginare e di imparare, certo, ma anche libertà di leggere o non leggere un libro, di decidere cosa è o non è un classico, di ignorare le mode o gli obblighi di lettura. Un lettore o è libero o non è. Forse non è eccessivo definire Alberto Manguel, scrittore, traduttore, critico, direttore della Biblioteca nazionale argentina, il «lettore definitivo». E infatti nel corso di una vita intera dedicata ai libri ha costruito una biblioteca personale di oltre 35 000 volumi. Ma cosa succede quando si ritrova a dover traslocare dalla sua casa nella Loira a un piccolo appartamento newyorkese? Succede che deve scegliere quali volumi portare con sé e quali lasciare in un deposito, passarli in rassegna, uno dopo l'altro, e ascoltare la loro voce. La biblioteca di Manguel, a parte una manciata di esemplari, non possiede volumi particolarmente rari: è composta tanto di umili tascabili quanto di volumi rilegati in pelle, di novità luccicanti e di malconci libri che si porta dietro in ogni trasloco fin da quando era bambino, libri belli e libri brutti. Il fatto è che i libri raccontano tutti una storia. Non solo quella che c'è scritta dentro (che a volte non è nemmeno la piú importante), ma quella che si portano dietro. Perché ogni biblioteca è un luogo di memoria: sugli scaffali si succedono non solo i volumi ma anche il ricordo di quando leggemmo quel determinato testo, la città in cui l'abbiamo comprato, la persona che ce lo consigliò, il piccolo o grande dolore che quella lettura ha saputo lenire. Una libreria è una collezione di malinconie e di gioie, un repertorio di persone amate o dimenticate, un tributo alla speranza (o all'illusione) che quell'inerme massa di carta possa in qualche modo restituirci l'immagine degli individui che siamo. Cosí, mentre imballava la sua biblioteca e ne ascoltava la voce, Manguel ha scritto questa luminosa elegia con «dieci digressioni» che è tanto un diario di letture quanto una meditazione appassionata e urgente sulla lettura nel tempo presente; un'autobiografia e una riflessione sull'importanza delle biblioteche pubbliche e delle librerie per cucire insieme il tessuto civile di una comunità; una storia d'amore e di libertà degna di Eco e di Borges.
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Dettagli

2018
20 novembre 2018
128 p.
9788806239770

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Nat_CoseDiLibri
Recensioni: 4/5

“Vivere con i libri” di Alberto Manguel fornisce, in un’elegia e dieci digressioni, diversi spunti di riflessione sulla lettura, i libri e la loro raccolta in biblioteche, sui sentimenti che ci legano a determinati autori e sulla parola. Eh sì, perché non è possibile parlare di libri senza parlare delle parole. La parola che da insieme di suoni, si fa insieme di segni e che fissandosi in raccolte tangibili, sotto forma di libri appunto, diventano “corpo”. Creature viventi le definisce Manguel; da oggetto si fanno soggetto di cui ci si innamora, a cui si fa fede e dal quale diventa impossibile staccarsi senza provare dolore. È questo rapporto “passionale” che l’autore ha con la propria biblioteca che viene messo in evidenza in diverse delle dieci digressioni che compongono il testo. Secondo voi, può risultare comprensibile a chiunque un rapporto di questo tipo con una cosa che per sua natura è inanimata? Io trovo il concetto piuttosto chiaro, anche se molti potrebbero considerarlo estremo. Il libro porta in sé quelle parole che un giorno hanno catturato la nostra attenzione, che abbiamo fatto nostre e che se rilette a distanza di anni, ci riportano indietro al ricordo di come eravamo. Quante sottolineature e citazioni hanno influenzato il nostro pensiero e il nostro modo di vedere le cose, condizionando spesso atteggiamenti e scelte fatte durante la nostra vita? Tutto questo deriva da un legame tra testo e lettore che possiamo definire, senza tergiversare, sentimentale. E in questo rapporto, ho come l’impressione che l’autore divenga parte terza; l’incomodo che si finisce facilmente col tradire. Impressione confermata da Manguel stesso quando afferma che quello che chi scrive intende trasmettere, non sarà mai ciò che il lettore percepisce. Ma ci sarebbe veramente tanto da discutere.

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Matteo
Recensioni: 4/5

Ideale continuazione dello straordinario "La biblioteca di notte" (Archinto), Manguel ritorna a parlare del suo rapporto con la propria collezione di libri: mentre il primo volume prendeva a pretesto l'allestimento della biblioteca nella nuova casa dell'autore in Francia, questo si svolge a partire dall'imballaggio di quella stessa raccolta per un nuovo trasloco, questa volta verso gli Stati Uniti. L'occasione di "mettere negli scatoloni la mia biblioteca" (così suona il titolo originale inglese, eco di un celebre breve pezzo a tema bibliofilo di W. Benjamin) fornisce a Manguel lo spunto per numerose divagazioni sul valore del libro, in particolare come elemento di definizione dell'identità personale dell'individuo e della memoria collettiva dell'umanità, unica eredità davvero durevole in un'esistenza altrimenti effimera. Questa consapevolezza, unita alla circostanza della chiusura dei libri negli scatoloni, regala un tono malinconico al testo, come al solito ricco di raffinata erudizione. Non merita il massimo dei voti solo per l'impari confronto con "La biblioteca di notte", che rimane uno dei libri più belli mai scritti sul tema dell'amor librorum.

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Maurizio Crispi
Recensioni: 5/5

Un libro che tutti coloro che amano i libri (e, in particolari, quelli cartacei) dovrebbero leggere, poichè vi troveranno numerosi e labirintici spunti di identificazione per tutto ciò che concerne le propire abitudini di lettura e il proprio rapporto con i libri e con la propria biblioteca privata. Inoltre, nel caso che non sia mai capitato di leggere altri suoi libri, è una lettura che fa venire la voglia immediata di leggere tutti gli altri, siano essi opere di narrativa oppure saggi . Come appunto è nel mio caso. Per me, infatti, è immediatamente scattata la molla della curiosità e della voglia di approfondimento.

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Alberto Manguel

1948, Buenos Aires

Trascorre l'infanzia a Tel Aviv dove il padre era ambasciatore presso lo Stato d'Israele. Le prime lingue che usa sono l'inglese e il tedesco (parlato con la governante), al ritorno in Argentina, quando ha sette anni, inizia a parlare spagnolo. Inizia giovanissimo a lavorare in libreria e qui incontra Jorge Luis Borges che, ormai cieco, gli chiede di andare a casa sua per leggergli dei libri, cosa che farà dal 1964 al 1968. Nel frattempo completa gli studi. Nel 1968 lascia l'Argentina prima che inizi il periodo più oscuro della dittatura e si sposta in vari paesi europei: Francia, Inghilterra, Italia, va poi a Tahiti, svolgendo sempre attività di traduttore, redattore e curatore di libri. Nel 1982 va, e vi resta per oltre vent'anni, a...

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