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Anno edizione: 2017
Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2016
Un romanzo sull'impossibile ma ineludibile necessità di dirsi addio.
«Tra centinaia di anni, ammesso che l'umanità non si sia estinta e continui a leggere libri, se qualcuno vorrà capire cos'era la vita in Occidente tra la fine del ventesimo secolo e l'inizio del nuovo millennio non avrà modo migliore per farlo che leggere i romanzi di Don DeLillo» – Jennifer Egan
A Convergence, un'azienda tecnologica con una futuristica sede ultrasegreta nel deserto del Kazakistan, si possono conservare criogenicamente i corpi e le coscienze fino al giorno in cui la medicina potrà guarire ogni malattia. È qui che Ross Lockhart, magnate della finanza sulla sessantina, decide di portare la sua amatissima seconda moglie, gravemente malata. Eppure l'idea di continuare a vivere senza di lei è cosí insopportabile che Ross annuncia al figlio di prime nozze, lo smarrito e turbato Jeff, di volerla seguire in questa sfida contro il tempo, nell'attesa di tornare un giorno e vivere ancora insieme, per sempre. Attraverso gli occhi di un figlio, che vuole dedicarsi alla vita, e di un padre che la vuole sospendere, DeLillo si immerge negli abissi di un tema estremo e ne riemerge con qualcosa che è allo stesso tempo nuovo e universale.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Come tutti i romanzi di Delillo, anche questo si caratterizza per una certa "spigolosità": nella trama, nella prosa, nei dialoghi, lo stile dello scrittore sembra sfuggire alla logica del bello. Ma è un brutto che, se non piace, quanto meno ammalia, intriga....
Don DeLillo, con Zero K, affronta il tema della morte con un linguaggio raffinato, evitando i cliché e le soluzioni facili. La narrazione assume un tono meditativo e introspettivo, trascinando il lettore in un dialogo interiore che ricorda per certi aspetti Underworld, sebbene qui sia più esplicita la riflessione esistenziale. La struttura del romanzo, suddivisa in due parti, introduce un ritmo particolare: la seconda sezione si allontana dall'ambiente asettico e futuristico del criocentro per concentrarsi sulla vita quotidiana del protagonista a New York, accentuando il contrasto tra l’immobilità della morte e la frammentarietà della vita moderna. Le osservazioni sul mondo contemporaneo, con tutte le sue contraddizioni, emergono come un sottotesto costante, specchiando la tensione tra progresso tecnologico e le nostre paure ancestrali.
Una delle migliori opere di uno scrittore fra i più importanti in circolazione. Un romanzo profondo e veramente inquietante, dialoghi, atmosfera e l'asettica ambientazione del laboratorio di criogenesi, con i suoi scienziati, futurologi, ospiti in attesa del proprio salto nel buio, i manichini, le finte porte, i lunghi corridoi spettrali, gli schermi apocatittici, fanno si che ogni pagina sia densa come magma, lacerante come lama aguzza. De Lillo nel pieno della maturità artistica, uno dei tanti capolavori dell'autore.
Recensioni
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Zero K (244 pagine, 12 euro) di Don Delillo, tradotto da Federica Aceto, edito da Einaudi, è come il ronzio intermittente in una stanza di aspetto vuota, in un caveau, in un bunker, in un ambiente asettico. È un brusio di fondo a frequenza alterata, è un quasi-silenzio che perfora i timpani. A fare rumore è quel flusso di coscienza che descrive la vita, la analizza nelle sue scanalature interpersonali, nei suoi tic, nelle sue ossessive ripetizioni. Romanzo fastidioso, accidioso. La malattia, la morte, l’abbandono, la rinascita, il senso di tutto, il male, la guerra, l’orrore, la scienza, la filosofia, la consapevolezza, la tecnologia, il padre, il figlio, l’amore, la resilienza. Converge tutto in questo testo. E il verbo “ convergere” non è casuale.
Convergence è infatti il nome di un segretissimo centro sperimentale ubicato in una “crepa del deserto”, in Kazakistan, dove i malati terminali vengono conservati criogenicamente fino al loro risveglio, in un futuro depurato dalle malattie e dalle pulsioni bellicose degli uomini. Un ricco magnate americano, Ross, decide di ibernare la sua seconda moglie, Artis. Ma una vita senza di lei non è pensabile, non è semplicemente concepibile. Stabilisce quindi di seguirla in questo incapsulamento fisico e cerebrale, in questa “solitudine virginale” a cui il figlio di prime nozze, Jeff, assisterà inerme, coinvolto suo malgrado in una scelta esistenziale dove ciascuno ambisce ad essere “padrone della fine del mondo”.
La vena introspettiva
La vena introspettiva del libro incupisce un’atmosfera già di per sé ermetica e crepuscolare. I pensieri di Jeff scomodano Kafka, soprattutto nell’epilogo dove l’overdose di malessere, incredulità, stordimento e disapprovazione è scalzata da un allineamento perfetto e simmetrico tra cielo e terra, quel punto di equilibrio, – di convergenza appunto, – che il protagonista cerca disperatamente sin dagli albori della sua storia personale.
Recensione di Alessandro Orofino
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