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S', un buon libro che ha il pregio, in questo momento di rievocazioni storiche e di inondazioni cartacee di tomi sulla prima guerra mondiale, concentrando tutta o quasi l'attenzione ai fatidici anni tra 1914-1918, di spostare il punto focale di riferimento, al "minuto prima", il 1913. Tutto era ancora possibile, forse, e questa sorta di diario mensilmente registra momenti, figure, passaggi chiave della storia europea, soprattutto in area austro-germanica e privilegiando gli aspetti socio.culturali. Ne emerge, così, un mondo per alcuni aspetti insospettato, vasto, nelle cui radici ancora oggi affonda parte della nostra contemporaneità, almeno quella più consapevole e dolente. Un affresco a tratti intenso, sul quale verte la nostra riflessione, perché davvero, in quell'epoca, in alcune sue periferie e in città che andavano scoprendosi metropoli, si avvia la crisi nell'era della tecnica e solo così Vienna, a titolo di esempio, e l'Austria stessa divengono " i laboratori dove si nutre la nostra follia, i sismografi della fine". Dopo, sarà tutto diverso, forse tutto così diverso da apparire ancora simile, con altri imperi a confrontarsi, ad annullarsi vicendevolmente. Da leggere, assieme magari alle pagine di Musil sulla Cacania, o di Karl Kraus, di Zweig, di altri, tutti testimoni di un prima e di un dopo. Il 1913 diviene così il reale, un reale, spartiacque, l'anno titanico lanciato, consapevole o no che fosse, a scontrarsi con l'iceberg dei colpi di pistola sparati da un minorenne bosniaco, in una mattina del 28 giugno 1914 ( bellissimo libro di Gilberto Forti), in quel di Sarajevo.
Una piacevole lettura che conduce in uno spaccato di storia, ai più sconosciuta ma che in realtà ha molte connotazioni con il 1914 e la storia che ne consegue. Molto scorrevole, per niente supponente, la trovo una lettura consigliabile anche a chi non è "esperto" ma vorrebbe approfondire l'argomento grande guerra e società agli inizi del "secolo d'oro".
Il libro e' diviso in capitoli corrispondenti ai mesi dell' anno. E' una storia del 1913 dal punto di vista di un mitteleuropeo, orientata prevalentemente dal punto di vista culturale. Al termine del libro si parla del ritrovamento a Firenze della Gioconda di Leonardo e si dice che l' opera era stata rubata all' Italia da Napoleone. In realtà, era stata lasciata in testamento da Leonardo al re di Francia, Francesco I, e poi acquisita dallo Stato francese. Tra l' altro, gran parte delle opere rubate da Napoleone furono restituite nel 1815, compresi i cavalli di San Marco che i veneziani avevano rubato all' ippodromo di Costantinopoli nel 1204.
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