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Anno edizione: 2020
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Mi spiace mettere "solo" tre stelline, ma questo libro, che certamente ho apprezzato, risulta noioso e lento nelle prime cento pagine, dopo le quali Mazzantini ci fa entrare negli ardori, nelle inquietudini e anche - perché no - nelle mille e mille contraddizioni di quei giovani che, pur sapendo di prendere parte a una guerra già persa in partenza, non aspettarono un attimo ad arruolarsi dalla parte "sbagliata" per tenere fede ad una parola data o a quegli ideali nei quali erano stati educati e che certamente non volevano rinnegare. Ed è forse questo il messaggio centrale del libro: il valore di ciascuno di noi si vede proprio nel momento in cui siamo disposti a difendere i nostri valori nei grandi momenti di crisi, proprio come fecero questi giovani che non si vergognarono di definirsi fascisti, anche quando la maggior parte degli italiani - che pure lo era stata -, per stretti motivi di opportunismo, abiurarono in ciò a cui avevano creduto per ben vent'anni.
E' una delle poche opere sulla Guerra Civile italiana del '43-'45 scritta da chi combatteva dall'altra parte, indispensabile per chi voglia comprendere l'Italia di oggi. Romanzo bellissimo, ma tremendo, che ti arriva fin nelle viscere per rimanerti dentro. Raccomando di leggerlo con molta calma e meditarci a fondo. Un estratto: " Cosa ci aveva uniti ? Come mai a quella svolta ci eravamo trovati da quella parte? Cominciavamo a chiederci. Eravamo partiti su quel camion e poi? Cosa c'era stato in comune oltre a quel cantare e marciare, quei gesti e quei motti, quei sentimenti di rabbia e di rivolta, e ora quello di esclusione, e il rifiuto degli altri che rafforzavano rancori e volontà di rivincita mescolati a malessere che ti dava il ricordo del sangue sparso? Ci si radunava in certe salette umide come scuole di catechismo......Era gente che non avevi mai visto e non immaginavi potesse essere stata con noi......Avevano l'aria di cospiratori fuori moda, di eruditi di provincia......Portavano il linguaggio di quei giornali che non avevamo mai letto, di quelle trasmissioni di propaganda alla radio. Gente che somigliava a quei borghesucci che avevamo odiato e disprezzato,parlavano di cose che ci erano estranee e non suscitavano risonanze: di stato etico, di corporazioni, di socializzazione. Era questo che ci aveva spinti? Era per queste cose che eravamo andati a buttar via la vita e poi a uccidere e violentare? Era tutta lì quella cosa che gonfiava dentro, gonfiava e non si riusciva a esprimere?......Ciò che riuscivi a ricordare era un senso di nausea e di rivolta che ti aveva preso dopo i giorni di vergogna dell'Armistizio, davanti alla miseria in cui si era ridotta ......la vita; un impulso ad andartene, abbandonare quella gente pesta e rassegnata, mescolato al sentimento di aver subito un torto da parte loro, e la volontà rabbiosa di trovare un responsabile a tutti i costi, su cui sfogare la tua delusione e il risentimento per essere stato ingannato."
Letteratura di guerra non noiosa, e già questo è molto; spesso insopportabile, non perché i protagonisti sono repubblichini, ma perché, con tutto che hanno il fucile in mano e vedono sangue tutti i giorni, rimangono irritabilmente adolescenti. Ci aggiungo il tipico " casermismo " che grazie a Dio le nuove generazioni non conosceranno. Per il resto ricordi nitidi di una lunga marinata da scuola per inseguire un ideale senz'altro più grande di loro. Direi che ci vorrebbero adolescenti così al giorno d'oggi.
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