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"Abigail è tornata" è una lettura intensa eppure veloce. Intensa perché mette in campo la storia, che è vita ed esalta tutte le contraddizioni delle emozioni e sentimenti che agitano l'animo umano. I contenuti della storia scivolano sui binari oliati della struttura del thriller che concretizza l'azione per salvare la vita del veterano di guerra in poche ore, dalle 16,00 del 6 ottobre 2006 alle 11 del giorno successivo. Le vicende narrate, mai banali, scorrono agili e incalzanti. Felice la scelta dell'autrice di dare spazio ai giovani in una narrazione che parla di guerra. La presenza, tra i protagonisti principali, di Mattia, nipote di 18 anni del veterano di guerra, lega le generazioni e le costringe a misurarsi con il grande enigma degli abissi di follia nei quali pochi uomini sono stati capaci di trascinare il resto dell'umanità nel secolo scorso. Abissi di follia che sono di ogni epoca. La narrazione è memoria di teatri di guerra, Nord Africa, e mentre i vecchi precipitano nella veemenza delle emozioni incontrollate, sono i giovani che pongono le domanda più importanti. Che cos'è il male? Chi è l'uomo? Perché la guerra? E la risposta è la lezione di Mattia: il male non è mai banale. Mai minimizzarlo. Questa è una richiesta di giustizia che è ricerca delle responsabilità perché la guerra ha a che fare con l'animo umano; ma anche con l'economia: le armi sono un commercio redditizio; e con la giustizia sociale: i poveri e gli infelici bussano alla porta dei diritti e sarebbe bene aprirla prima che sia sfondata da una rivoluzione.
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