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Il titolo inventivamente musicale di questa nuova raccolta poetica di Maura Del Serra evoca ed esprime, con una persuasione tanto meno dogmatica quanto più incisiva, l'universo di poliedriche compresenze ed interazioni - simboliche, esistenziali, vastamente umane e civili - che da sempre distingue la sua voce per la singolare assolutezza di una vocazione, riflessa in una profonda pietas creaturale. Qui la difficile quadratura del cerchio della maturità biografica, sentita come necessaria consumazione, è affidata alla prima delle tre sezioni, che coinvolge il lettore nell'ironia drammatica di un Autoscatto, e si confronta con l'autoidentificazione nel perenne "orizzonte nascente" della parola; colluttando poi, nella sezione mediana Intendere, volere, con gli "indizi" di vittoria e sconfitta, salvezza e perdizione di cui la storia umana è disseminata, e additando il possibile approdo dinamico della mente e del cuore ad una medietas vigile, ricca di umori e di memorie comuni. Questa componente si identifica a sua volta, nell'ultima sezione L'oltre, con "l'arte povera di benedire", propria del poeta e di quella sua fluida incarnazione sapienzale che fu il pensiero di Eraclito, alla cui figura di crocevia fra Occidente ed Oriente l'autrice ha recentemente dedicato una pièce in versi, e nel cui nome trova suggello la prima parte del libro: che si riapre e culmina nell'epilogo dei Versi per la danza, un trittico teatrale di suggestiva originalità lirica e mimica, dove le voci - quella maschile, quella femminile, quella dei sensi personificati - danno vita ad una vera e propria drammaturgia della coscienza, ad un tempo classica e futuribile.
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