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Spesso, quando si affronta il tema amministrativo manca la consapevolezza che la pubblica amministrazione sia una entità “politica”, in senso lato intesa. Essa è lo strumento che concretizza i diritti costituzionali dei cittadini (istruzione, salute, assistenza, ecc.), che rende possibile la convivenza (sicurezza, giustizia, difesa, ecc.) e che promuove le politiche pubbliche atte a realizzare lo sviluppo del Paese (lavoro, energia, trasporti, ambiente, ricerca, ecc.). Il suo agire è caratterizzato dal principio di legalità, e cioè dalla possibilità di raffrontare l’attività amministrativa con la previsione legislativa. Questo modo di essere, ben lungi dal ridurre l’azione amministrativa a una mera attività di esecuzione della legge – come solitamente si dice, parlando del potere esecutivo – apre un ampio spettro decisionale, squisitamente amministrativo, fatto di discrezionalità e di ponderazione degli elementi di fatto, rispetto ai quali la creazione giuridica dell’amministrazione è originale tanto quanto quella del legislatore. I principi tradizionali che intervengono in questo ambito, come l’imparzialità, la competenza e l’attribuzione, si sono arricchiti di significati concreti, con l’economicità, l’efficacia, l’efficienza, e ancora la trasparenza, la semplificazione, l’adeguatezza, per dare contenuto ad una idea ben precisa, quella della “buona Amministrazione”, in contrapposto alla “cattiva Amministrazione”, come ora si esprime il diritto europeo. L’approccio del libro di Tuzi si muove, perciò, lungo un filone che non è di legalità esclusivamente formale, ma considera il modo in cui si può realizzare una buona amministrazione, partendo dalla realtà data, che non appare affatto positiva; di qui, anche la necessità di affrontare temi non sempre considerati nell’esame della pubblica amministrazione come la motivazione personale del funzionario, la valutazione dei comportamenti, la formazione etica e l’approccio egoistico del pubblico impiegato...
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