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Anno edizione: 2014
Anno edizione: 2017
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Nonostante McEwan sia il mio scrittore preferito, non ho molto amato "Amsterdam", perché propone troppi temi senza svilupparli appieno. Oltre all'amicizia, al tema della dolce morte, l'etica dei due protagonisti, sebbene trattata e implicitamente criticata, rimane sullo sfondo. Inoltre, a mio avviso, almeno nella traduzione italiana, la narrazione procede in maniera lenta e noiosa e non incatena il lettore come altri romanzi dello stesso McEwan.
Recensioni
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recensione di Rognoni, F., L'Indice 1998, n.11
Che brutta gente s'incontra in "Amsterdam "(nel romanzo, voglio dire; e anche - a detta del romanzo - nell'omonima città)!Meno male che ora della fine quasi tutti questi orfani del '68 si sono fatti fuori a vicenda (fisicamente o nella reputazione che sia), ché per ognuno di loro che sopravvive e prospera questo mondo è un po' peggiore!
Probabilmente l'unica persona che sarebbe valsa la pena frequentare (lo scrivo da uomo, perché per le donne dev'esser stata insopportabile) è la scatenata Molly Lane ("alla bell'età di quarantasei anni riusciva ancora a eseguire perfettamente la ruota"), che però purtroppo è già morta e cremata prima che il grottesco "divertissement" abbia inizio. Appunto alle sue esequie. Dove si ritrovano quattro degli svariati uomini della sua vita: l'illustre compositore Clive Linley, Vernon Halliday, giornalista di successo, il bieco ministro reazionario Julian Garmony, e il cornutissimo, rancoroso George Lane, tanto ricco quanto inconsistente. Difficile dire chi sia più geloso degli altri, e comunque forse nessuno dei quattro ha davvero conosciuto Molly (probabilmente Julian e George non ci sono neanche andati a letto insieme): la quale resta la sola figura vitale (nell'urna cineraria!) al centro della "danse macabre" che i suoi uomini intrecciano nel pretesto della sua memoria. Un vero gioco al massacro, da cui può scampare solo chi non ha nulla da perdere e aspetta solo di farsi cerimonioso sacerdote del niente (la nota del finale è molto simile a quella su cui si chiude "Follia" di Patrick McGrath, il "bestseller" inglese della stagione).
A mezza strada fra l'apologo morale alla Kieslowski (ma senza un briciolo del suo calore) e i "contes philosophiques" dell'ultimo, più fragile Kundera, "Amsterdam "è una desolante riflessione sull'amicizia (il più micidiale dei sentimenti, una vera e propria vendetta contro se stessi), e nel suo breve svolgimento riesce a imbrigliare molti grandi temi, probabilmente "tutti" i grandi temi del nostro tempo: che son quelli della scelta etica nell'arte, nella politica, nell'informazione e nella medicina. Troppa carne al fuoco per un romanzo "romanzo" (com'era l'anno scorso "L'amore fatale", fallito per un eccesso di costruzione), ma quello che ci vuole per questa sardonica parabola, ostensibilmente "minore", dolente e divertente, precisa come un orologio, che si legge d'un fiato e non lascia rimpianti.
P.S. È quasi ingiusto che il libro esca in pieno "sexgate," perché gli inglesi hanno una bellissima tradizione di scandali sessual-politici, e non credo che McEwan, nel creare il ministro Garmony e la sua comprensiva signora, abbia pensato neanche un momento alle marachelle di Clinton e al senso di responsabilità di Hillary: di questi mesi, però, l'accostamento è pressoché inevitabile.
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