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"Si arriva al significato delle cose solo chiamandole con il loro vero nome." Ho scoperto l'esistenza di questo film del 1966 grazie a Camillo Langone che lo ha menzionato nel suo "Manifesto della destra divina. Difendi, conserva, prega" (Vallecchi, 2009). La sua fotografia è qualcosa di stupendo. I dialoghi sono profondi, gli attori superlativi, la regia intelligente - lo dimostra anche la divisione in brevi episodi della trama - e colma di sapienza artistica. Costumi e scenografie affascinanti. Nonostante il fatto che sia in bianco e nero e la sua lunghezza non indifferente, la visione scorre che è un piacere! Ogni fotogramma di questa pellicola cinematografica trasuda di metafisica e di senso artistico. Già, è proprio l'arte il tema principale del film, l'arte che è in grado di prevalere sopra il male che imperversa nell'animo umano e nel mondo. Un film assai dostoevskiano che ci offre la visione del regista della Russia del '400 e della vita di questo grande artista realmente esistito. Ci sono episodi che mi sono rimasti particolarmente impressi, come quello dei riti pagani in cui si imbatte il protagonista, la sanguinosa incursione dei Tartari e ovviamente quello finale, davvero magnifico, della fusione della campana. "Andreij Rubliov" è "un capolavoro ritrovato del cinema sovietico" e probabilmente tra i dieci film più belli che io abbia mai visto.
Cercando di considerare obiettivamente i dati dell'opera, senza cioé abbandonarmi agli svolazzi della fantasia con cui è possibile caricare il film dei più variegati e opinabili significati e messaggi nascosti, devo dire che la storia raccontata mi sembra abbastanza noiosa e presenta alcune situazioni non perfettamente chiare, la sceneggiatura e la psicologia dei personaggi non sono certo di livello bergmaniano, il bianco e nero che tanti osannano non vedo cos'abbia di strepitoso, la musica in generale e i dieci minuti finali a colori li trovo piuttosto deprimenti... insomma secondo me, anche se si può apprezzare la poetica per immagini del regista che è ben ravvisabile in varie sequenze, questo film è un prodotto che non appassiona veramente perché non ha nulla di straordinario. Da vedere un paio di volte al massimo, a meno che non si sia fanatici di storia russa medievale.
Un capolavora assoluto, ricco di immagini di sublime bellezza e intensità. Tarkovskij ci insegna che la salvezza è frutto del sacrifico, della forza di volontà, e che la bellezza è ovunque, tutto intorno a noi.
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