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Autobiografia di un liberale. La grande Vienna contro lo statalismo
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Descrizione


In questa autobiografia Ludwig von Mises mette a nudo le radici anticapitalistiche del nazismo e del comunismo. Mercato e Stato di diritto, secondo l'autore, nascono e muoiono insieme. E, se ogni totalitarismo porta ineluttabilmente alla morte del mercato e della libertà, lo stesso interventismo è un cancro che progressivamente invade l'intero corpo sociale e produce inefficienza, distruzione delle risorse nazionali, corruzione e negazione di ogni diritto.
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Dettagli

1996
1 dicembre 1996
220 p.
9788872845066

Voce della critica


scheda di Bellofiore, R., L'Indice 1997, n. 4

Il volume contiene la traduzione italiana di due saggi autobiografici del grande esponente della "terza" generazione della scuola austriaca. Il primo scritto, "Ricordi", fu pubblicato postumo, in Germania e negli Stati Uniti, nel 1978, da un manoscritto del 1940 redatto dall'esule Mises poco dopo il suo arrivo a New York, in età già avanzata (era nato nel 1881), che fu ritrovato nel 1973 dalla moglie Margit qualche tempo dopo la morte, verificatasi nel 1971.Si tratta di un testo molto amaro, dove l'autore ripercorre la propria vita intellettuale e testimonia il proprio credo politico, con l'animo di un resistente che non crede più molto nella buona sorte della causa per cui non cessa però di combattere. Le tesi dell'economista austriaco sono ben note: dopo un apprendistato non scevro da simpatie per la scuola storica, si convertì alla scuola austriaca e al suo peculiare liberalismo grazie alla lettura dei "Grundsätze" di Menger, divenendo quindi un avversario ogni anno più aspro dello "statalismo". La crisi economica è da lui addebitata all'intervento politico delle banche; i tentativi di pianificazione sono giudicati insensati in quanto, abolendo il mercato dei beni capitali, mutilano il meccanismo dei prezzi, che solo consentirebbe di risolvere il problema economico; il nazismo come il keynesismo vengono accomunati quali varianti diverse di un unico grande peccato costituito dall'insana volontà di mettere in ceppi quel libero operare delle forze di mercato in cui si compendia la naturale razionalità dell'azione umana, e che non può non sfociare nel totalitarismo. Si leggono comunque con interesse le parti dedicate al ruolo di Mises nella Grande Vienna, quando, fuori dall'università, dirige un "seminario privato" di grande richiamo tra i giovani e di grande prestigio internazionale; e con qualche sorriso le sue memorie sulla propria capacità di dissuadere Otto Bauer, conversando fino a notte fonda, dal precipitare l'Austria nella barbarie bolscevica: "[S]e allora a Vienna non si arrivò al boscevismo, fu unicamente ed esclusivamente per merito mio". La traduzione segue l'edizione tedesca più che quella americana, e comprende dunque, dopo la prefazione di Margit von Mises, l'introduzione di Friedrich von Hayek. Il secondo breve scritto qui raccolto è del 1969 e si intitola "La collocazione storica della scuola austriaca di economia": già disponibile in italiano dal 1992 come opuscolo della Libera Università Internazionale degli Studi Sociali, ribadisce la medesima fede liberista, con una maggiore curvatura metodologica. L'introduzione di Lorenzo Infantino è l'opera di un seguace, e come tale va apprezzata.

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