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Belmoro, il secondo libro di Donato Andreucci, non è solo una saga familiare minore. Ognuno legge un libro con la sua sensibilità, il suo carico d'esperienza. Io credo che Belmoro vada letto almeno su tre piani. LA COLPA - Forse quello tenuto più sotto traccia, ma c'è uno stupro in Belmoro, un ragazzino di sedici anni ed un bambino di dodici. E questa colpa arriva nel tempo al culmine di tutta una serie di colpe che hanno 'marchiato' la famiglia Belmoro. Giuliano che abbraccia nudo un bambino, appoggiato al tronco di un albero. Jolanda, violentata dal suo ragazzo. Paride che uccide "perché Cesarina non mi voleva". Teresa che accetta di sposare un uomo che non amava. Fiammetta, che lascia casa Belmoro per andare incontro alla città. Michele e lo stupro. Colpa? Sì, ma colpa d'amore. "Cos'altro c'è?". LA RIBELLIONE - E non solo alle leggi arcaiche della campagna, non soltanto alla durezza degli occhi grigi di Nonno Vincenzo. E la ribellione all'impossibilità di amare. Una ribellione coraggiosa e violenta, contro sé (Giuliano e Teresa che si ammazzano, Jolanda che accetta senza fiatare il carcere del convento), e gli altri (Paride che uccide), Fiammetta che tradisce la sua campagna. E Michele. Che sceglie la solitudine. LA NOSTALGIA - Il rimpianto e il ricordo verso un mondo passato, che non c'è più, quello contadino. Ma, ed è forse qui l'originalità più vistosa di Belmoro, il ricordo di Michele non è un ricordo diretto. Lui non ha vissuto le storie della famiglia. E' un ricordo che passa attraverso gli occhi di Fiammetta, sua madre. E non è dunque impossibile immaginare che la nostalgia di Michele sia più per Fiammetta che per Nonno Vincenzo e il suo mondo. Ritorna la figura della madre. Protagonista anche in Cometa. "Fissava quel volto scarno e già malato che parlava di tempi andati, allegrie perdute, antichi dolori, amarezze passate. Sarebbe stata l'immagine che avrebbe portato con sé una volta rimasto solo". Forse davvero si scrivono sempre gli stessi libri.
Belmoro- A distanza di anni, dopo il lirico Cometa, Donato Andreucci pubblica un nuovo romanzo, per certi versi sorprendente. La storia ruota attorno all'epopea minore della famiglia Belmoro dagli anni 30 ad oggi. Un nucleo sociale che, ancora pregno di rigide regole patriarcali, diventa presto un rovo di spine e more per i suoi membri più indifesi.Andreucci racconta il dolore di chi porta le stigmate di una presunta alterità (l'epilessia, l'omosessualità, la violenza carnale subita), emarginata dal villaggio. Con un'aggettivazione poetica e parca, attraverso una convincente e snella paratassi, lo scrittore dipinge una storia d'altri tempi, a suo modo classica, che riecheggia diversi autori della tradizione ( il taglio del bosco di Cassola, il Pavese del Diavolo delle Colline, Casa d'altri di Silvio D'arzo, le liriche di Sandro Penna). La psicologia dei personaggi, resa con una riuscitissima regressione all'indiretto libero verghiano, emerge come una stella radente, limpida e violenta nella sua urgenza innocente. La campagna, il sentiero dei morti, le stalle illuminate da fioche lucine restituiscono un paesaggio indimenticabile, dove il battito cardiaco rallenta in diapason con le lucciole notturne.
ho letto questo libro tutto d'un fiato. Ho apprezzato tantissimo la scrittura: asciutta, incisiva e coinvolgente. i ritratti dei personaggi sono suggestivi e ogni pagina è attraversata da un velo di poesia, nascosta tra le righe. Il romanzo racconta, attraverso la storia di una famiglia che attraversa tre generazioni, il sogno dell'amore, sempre tradito, e l'amore vissuto, quasi sempre sbagliato. Un piccolo grande romanzo. Bellissimo. Voto massimo
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