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Bertgang. Fantasia onirica
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Tra le opere memorabili del primissimo Novecento, il romanzo breve di Wilhelm Jensen "Gradiva" occupa un luogo del tutto a sé. Universalmente noto per il saggio che gli ha dedicato Freud interpretandolo come un "delirio" onirico, ma forse, a tutt'oggi, non molto letto, è un testo misterioso e seducente, palpitante di sensi e di simboli. Storia di uno studioso d'arte classica (Norbert Hanold) che, soffrendo un'acuta angoscia senza capirne il perché e perdendosi a lungo in un labirinto di fantasie simili a sogni, ritrova pian piano il bandolo della propria vita liberandosi dalla morsa che lo aveva condannato a "rimuovere" la forza di Eros, "Gradiva" è allo stesso tempo una grande parabola esistenziale e ideologica, un mito moderno che ci mostra da una parte i rischi di irrigidimento del pensiero astratto, teorico, votato solo alla purezza delle idee o delle forme, e dall'altra l'insopprimibile, suadente, melodioso richiamo di quella grazia erotica che è (come ben intese Bergson) forma in movimento, esistenza fluida e sfumata, spirito della metamorfosi, invitation au voyage. Sedotto da questo mito come possono esserlo gli gli innamorati, ma insieme capace di rivisitarlo con sguardo lucido e icastico, Luigi Fontanella ha composto un poemetto che sa evocarne le immagini e i punti salienti, lasciandoli fluttuare nell'onda aperta, "remota" e numinosa di una personalissima rêverie. Prefazione di Giancarlo Pontiggia. Postfazione di Carla Stroppa.
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In commercio dal:
19 gennaio 2012
Pagine:
89 p., Brossura
EAN:
9788871865102
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Alberto Toni
27 marzo 2012
In "Bertgang" la compostezza classica si traduce in una ridefinizione del vissuto, dentro un viaggio nel tempo e nello spazio, ma anche dentro il sedimento letterario delle suggestioni. Se la prefazione di Pontiggia pone l'accento soprattutto sulla struttura, è nelle pagine di Carla Stroppa che la connessione profonda emerge, anche alla luce della produzione narrativa di Fontanella. E' infatti proprio il romanzo "Controfigura" lo specchio entro cui indagare. La donna è ancora una volta trasfigurazione d'amore, inseguimento e raccordo con l'io: "Né greca né pompeiana / ma solo una compagna d'infanzia / a me assai vicina prima che divenissi / un insopportabile sofo, infermo / elucubratore, e perdipiù del tutto cieco / a ogni femminile grazia". L'occasione letteraria da Jensen, la lettura di Freud, la riscrittura: tutto nel Poema è sospeso tra realtà e sogno. E', insomma, metafora stessa della poesia, del viaggio di conoscenza del sé. Compimento dell'opera è la sua stessa circolarità, per cercare sapienza dell'antico alla luce dell'esperienza moderna. Atmosfera simile a "Controfigura", perché il procedimento è simile. Mettere ordine dentro le cose utilizzando la stessa lingua della visione: qui la lingua e le atmosfere classiche, come per andare a pescare dentro la storia delle origini. Ma non c'è maniera, piuttosto una personalissima linea di chiarezza, di ricerca dell'indefinito e nel contempo del definito. "Perfetta era nel suo incedere / la corrispondenza con la figura primigenia". Ecco, dunque, che la coincidenza sembra aprire all'interpretazione. La scoperta si accompagna ai passi del viandante che rinnova lo stupore. E' questa anche la migliore risposta alla dedica: "a Irene, che un giorno vidi passare in una strada di St. Louis". La sovrapposizione delle immagini altro non è che la stratificazione del senso nell'inconscio. La poesia ne libera la maschera, per farne altra maschera, forse la più vera e duratura. Così la realtà è vera, ma è anche mistero.
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