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Le prime frasi del romanzo
Il piccolo Cessna, vecchio e sporco, sfiorò la pista d’atterraggio e rimbalzò. Con un urletto entusiasta, il pilota lo riportò in aria. Poi, notando che il ragazzino seduto accanto a lui era sbiancato, disse: «Non fare il fifone, era giusto per divertirci un po’. Da queste parti per farsi due risate bisogna andarsele a cercare».
Mentre l’aereo virava per fare un altro giro, Mick osservò stupefatto dal finestrino. Erba marrone, alberi contorti, sassi rossi, terra rossa e praticamente nient’altro fin dove arrivava lo sguardo a parte il mare, che scintillava lontano come una distesa di diamanti.
«È tutto rosso» commentò.
«Ti ho portato su Marte, ragazzo. Pensavo che ti sarebbe piaciuto viaggiare nello spazio.»
«Non si può arrivare su Marte in aeroplano» disse Mick con più sicurezza di quanta ne provasse.
«Caspita, sei un tipo sveglio. Però potremmo benissimo essere su Marte. Ti presento il Pilbara. Devi essere matto come un bandicoot per vivere qui. Sono matti pure i canguri e i dingo. Centomila volte meglio Margaret River. Ad Albany si sta benissimo. Hai avuto una bella sfiga a finire qua.»
«Port Hedland non è niente male» replicò Mick.
«Hai ragione. Fanno il miglior fish and chips del mondo. Fantastica, se ti piace pescare. Una volta ci ho preso uno squalo con una bistecca di canguro.»
L’aereo scese di nuovo e Mick cercò di non aver paura. La terra si avvicinava in modo allarmante, l’aereo la toccò sbandando di qua e di là e il tonfo dell’atterraggio gli fece balzare lo stomaco in gola. Strinse il bracciolo del sedile così forte che le nocche gli diventarono bianche. Dopo che si furono fermati con una bella slittata rimasero seduti finché la nuvola di polvere rossa che li avvolgeva si disperse. All’improvviso nella cabina faceva un gran caldo.